mercoledì 27 ottobre 2010

Agosta - Virus


Etichetta: Halidon
Genere: sweet-pop

Appena sveglio metto su questo dischetto senza copertina davanti.
"Mi sono perso nel bosco dei dannati"...??? Ma che è?
Ok scusate...diamoci una regolata. Non possiamo trattare male ogni gruppo che passa di qua. Allora iniziamo a dare consigli costruttivi, chiarendo in primis che questi giudizi sono solo di carattere soggettivo e quindi per nulla importanti.
È chiaro che l'obiettivo di gruppi come questo è sbarcare su MTV e diventare i nuovi idoli delle folle di universitari "alternativi" (zona Teatro degli orrori ed Afterhours per capirci, anche se con un sottofondo melenzo alla Cesare Cremonini odioso), obiettivo non nobilissimo, ma ognuno fa le sue scelte. Magari si tromba.
Allora mi chiedo...perché cazzo non ci provano a fare na cosa nuova?
Siamo pieni di queste cose. Allora fate pop. Continuate a fare pop. Viva il pop. Ma cazzo sforzatevi ad uscire una cosa che sia un po' diversa dal magma di stronzate finto alternative (sdolcinate) che imperversano. Non ce n'è bisogno. Non ce n'è più bisogno, come non c'è bisogno di un nuovo film di Rocky.
Voi mi risponderete "ma la musica non si fa per i bisogni". È vero. Allora avete ragione. Continuate così ragazzi. Continuate a mettere la parola “Milano” all'interno del titolo di un pezzo. Ma non mi mandate i dischi...pliiiis!

P.s. notare che la parola Cremonini è uscita un'altra volta.

Alex Lobozomovic

domenica 24 ottobre 2010

Ojm - Volcano


Etichetta: Go down records
Genere: garage, stoner rock

Attivi da 10 anni, tornano dopo 4 anni dal lavoro precedente i trevigiani OJM.
Per Volcano chiamano in soccorso un nome “pesante” della scena heavy internazionale, quel Dave Catching, chitarrista, tra gli altri, dei Queens Of The Stone Age, qua all’opera nella veste di produttore.
Il risultato è un lavoro che getta più di uno sguardo ai seventies e all’hard rock classico, ancor più che allo stoner in senso stretto.
Tracce di QOTSA a concedere sprazzi di melodia in I’ll be long, sezione ritmica squadrata a sorreggere la classicheggiante Rainbow, attitudine psych che meriterebbe approfondimento in Oceans Hearts, non a caso il brano più riuscito del lotto.
Sono nostalgici, forse, gli OJM, di certo non sono revivalisti, frequentano territori dalle nostre parti alquanto trascurati e lo fanno con sicura energia e buona dose di personalità. 
E, francamente, non ci sembra poco.

Carlo aCe Venturini

venerdì 22 ottobre 2010

Mumble mumble mumble - Mumble mumble mumble


Etichetta: autoprodotto
Genere: noise, sperimentale

Due bei giovanotti di Torino che si divertono a spaccare i timpani con basso e batteria. Con questo primo Ep il duo è riuscito ad impastare una miscela fresca e divertente di garage rock, noise e teoria della complessità computazionale, infilando, in appena venti minuti, azzeccati riff risoluti e sfoggiando un interessante varietà ritmica.
Il disco è scarno e grezzo, con rapidi pezzi che emergono fin da subito grazie all’asciuttezza e l’immediatezza dell’esecuzione. Inoltre potete scaricare il loro disco direttamente dal myspace, e questo non può che deporre a favore dell’onestà del gruppo. Bisogna aspettare l’ultima lunga traccia dell’ep per poter ascoltare una voce che sembra inserita per caso, faticosa, ma del tutto priva di albagia.
Un buon disco, attendiamo altro da questo duo che ha fatto del DIY la sua filosofia di vita.

Clov

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lunedì 18 ottobre 2010

Francesco D’acri – Che cosa sei


Etichetta: autoprodotto
Genere: pop, rock

Esordio autoprodotto, produzione sontuosa, per il milanese Francesco D’Acri che non risparmia mezzi e interventi più o meno illustri per dare alle stampe questa manciata di canzoni tradizionalmente rock, che anelano Springsteen e si arenano su Shel Shapiro.
Brani che guardano alla radiofonicità come bussola, arrangiamenti luculliani da far indigestione, testi tendenti al banale più che al semplice. Echi di blues e soul sedati contornati da saltuarie chitarre funk d’ordinanza, il disco è solo parzialmente riscattato dalle qualità da performer anfitrionico di D’Acri.
Non è lesa maestà avere ambizioni mainstream, solo auspichiamo che, prima o poi, anche da noi, si cominci a farlo con un po’ di costrutto in più.


Carlo Ace Venturini

Method of defiance – Nihon


Etichetta: Rarenoise records
Genere: drum & bass, funk, dub

È proprio il caso di parlare di “supergruppo”. Infatti, i Method of defiance, nient’altro sono che l’eccentrico bassista Bill Laswell (John Zorn, Ryuchi Sakamoto, The Last poets, Brian Eno e tanta altra roba), la carica funky di Bernie Worrell (tastierista dei Parliament Funkadelic), Dr.Israel (vocalist ed esperto di elettronica), la schizofrenia della tromba di Toshinori Kondo e l’energetica spinta del batterista Guy Licata.
Siamo di fronte a musica di altri tempi, o forse di un altro mondo, mista ad una potente interpretazione della musica contemporanea che supera i generi spingendo l’avant funk, il black noise, la dub e quant’altro ci possiate vedere, sulle rive del miglior istinto jazz rock, ricorrendo anche (e soprattutto) al funzionale e delicato uso di soluzioni elettroniche.
Kondo e Laswell sono i veri protagonisti, insieme a Licata, di questa fantastica miscela di colpi, spinte e strattoni musicali, che danno vita a quest’ottimo disco. Il dvd allegato aumenta la voglia di poterli vedere dal vivo sprigionare la loro impetuosa energia.
Un album consistente, che ci assicura che anche nel secondo decennio del terzo millennio, Laswell e company saranno tra i personaggi da seguire con grande interesse.

Clov

Nicolas Joseph Roncea – News from Belgium


Etichetta: I dischi del minollo
Genere: acustico, indie

A questo punto è evidente che il personaggio è di quelli importanti negli ambiti angusti e spesso claustrofobici del rock underground nostrano. Si parla di Nicolas Roncea, iperattivo talento, membro degli ottimi noisers Fuh e degli Io Monade Stanca, qua all’esordio solista. Patrocina la sempre attenta I Dischi del Minollo.
Chitarra, voce e poco altro sono sufficienti a dar vita ad un disco che è una rivelazione. Scarno, umbratile e fragile come poche cose sentite dalle nostre parti in ambito cantautorato obliquo negli ultimi tempi.
Another word, per citarne una, trasuda emotività, terapeutica quanto un bel pianto. News from Belgium profuma di quanto di meglio ci sia rimasto nell’aria dagli anni 90. E la conclusione di A day/a week mette in tavola carte diverse, un beat up-tempo e un goccio di elettricità.
Stilisticamente lontano dalle band di militanza, Roncea mette in gioco semplicità e intimità col rischio di rimanere scottato. Il risultato è un trionfo su tutta la linea: approccio emotivo e diretto, grandi doti di scrittura e un paio di canzoni che rimarranno nella nostra personale playlist per molto tempo.
Piccolo grande disco.

www.myspace.com/roncea
Carlo aCe Venturini

Noguru – Milano original soundtrack


Etichetta: Bagana records
Genere: rock italico

Un bel disco, piacevole da ascoltare, ma comunque un disco che “si sente”.
“Si sente” la presenza di Xabier Iriondo alla chitarra, acidi riff e noise irruente, che ricordano molto i Six minute war madness più che gli Afterhours, “si sente” la forte presenza degli ex Ritmo tribale (Scaglia, Marcheschi, Briegel e Talia, rispettivamente voce e chitarra, batteria, basso, tastiere) ed il loro innovativo (per i primi anni ’90) noise che ha portato alla rinascita dell’indie-rock italiano, aprendo la strada poi a gruppi come Casino Royale o Timoria, comunque band dell’area milanese che ruotavano attorno al Jungle studio. Ad impreziosire il tutto il pungente ed eclettico sax di Romani (ex Detonazione) che strizza l’occhio ai ritmi esaltati di Luca Mai (Zu) o alle follie di Zorn coi Naked city.
Ma tutto questo solo sulla carta. “Forte impatto ritmico e chitarristico, alternando scatti su veloce acidume filo-punk e rallentamenti fin quasi a svenire” dice il loro comunicato promozionale. Sarà, ma io ci sento sempre e solo la solita solfa, ma in quest’epoca di pochezza musicale i Noguru sono il meglio che ci poteva capitare.

Clov

giovedì 14 ottobre 2010

Nevroshockingiochi – L'imperfetto storico


Etichetta: Nevroshockingiochi e Federico Pallotti
Genere: rock, metal, psichedelica

Psichedelia metal? Si può dire? Ma sì...
Il disco dei Nevroshockingiochi, quintetto marchigiano, parte pieno di massiccia polpa hardrock. Voci disperate audaci ed italiane, particolari e ben curate nonostante la difficoltà della lingua ad adattarsi al genere. "L'imperfetto storico" si dipana in 9 tracce ottimamente costruite dal punto di vista dell'aggressività, della psicosi dei testi e dalla cura degli effetti sonori. Hardrock, hardcore e sonorità anni '90 si fondono in maniera originale, senza scimmiottare nulla e nessuno, prendendo una strada personale (e aggiungerei “finalmente” visto il panorama italiano delle band emergenti che pare abbiano sentito solo Afterhours e Marlene per tutta la vita). L'emergenza di una band sta nella sua adolescenzialità e poca convinzione. Se è così, Nevroshockingiochi sono già emersi e sulla strada giusta.
Non mancano sterzate noise fini a se stesse (quelle che più mi piacciono sinceramente), si veda ad esempio il secondo brano "San Sebastiano". E sono presenti (purtroppo) anche derive similTool, forse il riferimento più marcato nel progetto. Meglio quando la band vira su ritmiche punk contornate da urla DAVVERO psicopatiche (ma questo è ovviamente un giudizio del sottoscritto e quindi totalmente relativo). Si ascolti a tal proposito la quinta traccia "L'inetto" e la settima "Con dignità".
Tuttavia, nonostante i gusti personali, l'imperfetto storico arriva. Si fa ascoltare con un certo piacere. Tanta forma e tanta sostanza. Bei suoni, discreti arrangiamenti, testi efficaci, grafica non male. Manca solo di ascoltarli dal vivo.


Alex Lobozomovic

martedì 12 ottobre 2010

Vetronova – Ep


Etichetta: autoprodotto
Genere: psichedelica, sperimentale

Il trio lombardo, in questo secondo, breve lavoro, ti sbatte addosso sostanzialmente forti distorsioni di chitarre, fucilate di batteria, grinta sonora e ganci pop, che possono ricordare tanto gli Husker du quanto i Pixies.
La lunga cavalcata iniziale de Il fantasioso mostra come accanto alle sfuriate punk possano convivere, e convincere, parti più psichedeliche ed hard-rock, facenti parte del loro bagaglio musicale, e riproposti, insieme anche al post-hardcore dei Fugazi, negli altri due pezzi di questo Ep: Madeleine, sintesi delle passioni musicali e delle frustrazioni personali del trio, ed Urban Poem, una liturgia tra psichedelia e slow-core, quasi che il gruppo voglia mostrare in ogni canzone una parte differente delle proprie influenze. Forse la voce sarebbe da sporcare un po’, ma questa resta solo una personalissima richiesta.
Il resto è ottima fragorosa melodia.

Clov

lunedì 4 ottobre 2010

Universal kay - Goodbye universe

Etichetta: SKPMZ
Genere: rock, alternative, grunge

E dire che dall’artwork di questo “Goodbye Universe”, zeppo di richiami ad un certo gusto per il fantasy e a certa cinematografia horror-splatter di serie B , ci saremmo aspettati qualcosa che avesse a che fare col metal, o quantomeno un approccio “gotico” alla materia musicale. Ma, insomma, poco male: spiazzare, deviare, uscire dal seminato è spesso cosa buona e giusta.
E, in effetti, gli Universal Key “darkeggiano” ben poco, e il metallo si limitano a lasciarlo sullo sfondo di un suono di chitarre robuste e rocciose.
Addirittura, nell’iniziale Inside You si ricorre a ritmiche funkeggianti manco fossero gli ultimi figliocci di Franz Ferdinand e compagnia. Eppure non tarda a svelarsi che l’attitudine è tutt’altra, qua si tende a una forma di rock “massiccio”(Space) in cui domina la centralità di riff (Millionaire) e sezione ritmica squadrata. Dove la parentela col punk risiede più nella mera velocità esecutiva che nell’approccio.
E pare proprio questo il limite principale di un lavoro che preferisce la compattezza a scapito di un bel po’ di sporcizia che, a nostro avviso, avrebbe tutt’altro che guastato.
Indicato se preferite gli ultimi Queens Of The Stone Age anziché i Mudhoney.


Ace Venturini

Triste colore rosa - Scomparire in 11 semplici mosse

Etichetta: autoprodotto
genere: indie, pop

Discostarsi da suoni e ritmi troppo usati nel mondo indie potrebbe essere una gran furbata, ma i “Triste colore rosa” sembrano avere fiuto per la cosa. “Scomparire in 11 semplici mosse” potrebbe sembrare senza dubbio un po’ ruffiano, troppo vicino al pop da quattro soldi in circolazione in Italia da (troppi) anni e a tratti impregnato di una sorta di horror vacui sonoro, ma sostanzialmente l’insieme è ben orchestrato: ogni dettaglio, dalla sonorità alle parole, dai minimi inserti ritmici alle tempeste di chitarra, è essenziale, studio e talento.
Gran bella voce, capacità interpretative interessanti, naturale facilità per la melodia, capacità di combinare suoni e rumori, soluzioni non certamente sperimentali, ma nemmeno così popolari.
Se tutte le tracce fossero all’altezza di “Mara cannibale” o “Ogni maledettissima volta” potremmo definire questo disco un piccolo capolavoro, ma è soltanto un altro buon disco.

Clov