mercoledì 29 febbraio 2012

Les Spritz – Sboora

Etichetta: Hola halo records
Genere: jazz-core

Vi ricordate quando vi dicemmo che Payaso, il precedente disco dei Les Spritz, era oltraggioso e violento, una esplosione di virtuosismi jazz-core brutali, un ensemble da camera però ardecore? Bene, potremmo ripetere le stesse cose per Sboora…e lo faremo!
Il garage-jazz impeccabile e graniticamente costruito resta il marziale filo rosso del sound della band siciliana, con pezzi che sono una preziosa miniatura di eccessi e meditazioni, chitarre dissonanti e un disperato lamento tutto singhiozzate e pregno di costipazione ritmica.
Il tutto è entusiasmante e rabbioso, fortemente rapido, ma ti lasciano comunque il tempo di godere delle loro eccezionali capacità esecutive. I live poi sono pregni di accorgimenti tecnici e sudore, pulsanti e primitivi: un esasperante spettacolo.
Il disco è uscito per la giovane Hola halo records, etichetta rigorosamente DIY dal profondo sud, gente che ha a che fare con i Morkobot, i Microwave with marge e che ha prodotto il disco delle Bestie da coma…mica cazzi insomma.

martedì 21 febbraio 2012

Ka mate ka ora – Horst tappert

Etichetta: White birch Records
Genere: slow-core

Horst tappert l’ultimo lavoro dei Ka mate ka ora dopo le due piccole gemme precedenti (Thick as the summer stars del 2009 ed Entertainment in slow motion del 2010). L’ep è un insieme intrigante e riflessivo di cinque pezzi rifiniti e puliti da divagazioni sonore, dove il cantare trasognato di Stefano Venturini rende il tutto più intimista: è bastato metterlo per addolcire l’atmosfera di una stanza.
L’insieme è composto da un pezzo inedito, Jasmine’s lullaby, che ha una struttura più chiusa rispetto ai lavori precedenti, senza abbandonare l’onirismo che caratterizza il sound del trio pistoiese, verso la ricerca di una forma canzone secondaria nei lavori precedenti. I successivi brani sono rifacimenti in chiave acustica di pezzi tratti dai due precedenti lavori (All around e Vincent, rispettivamente primo e secondo disco) e lo sconvolgimento in chiave elettroacustica di Draw, ammaliante e originale.
Il tutto si chiude con una cover dei Pink Floyd (If dall’album Atom heart mother), resa immaginifica, più intrigante e riflessiva (detto da uno a cui il gruppo inglese non fa molto impazzire), e comunque decisamente meglio della versione di Morgan (Canzoni d’appartamento, 2003).
Un consiglio: scaricatevi questo stralunato frutto di un’alchimia che condensa echi barrettiani e slow-core puro con un’attualissima vena di sperimentazione e poi recuperate velocemente i lavori precedenti.

lunedì 13 febbraio 2012

L’amo - Di Primavera in primavera

Etichetta: Fallodischi, To lose la track
Genere: power pop

L’amo sono il superamento di tutte le asprezze hardcore verso un suono più riflessivo, formale e pittorico. I brani sono essenziali, a volte violenti, nichilisti e rabbiosi, a volte sbattono contro soluzioni strumentali o travate armoniche del tutto equivoche ma deliziosamente stranianti.
La varia ed eclettica Dura la vita del superdotato si affianca a Quello che in cui il trio partenopeo violenta gli strumenti come un bambino maltratta un flipper. Testi geniali ma ordinari li ritroviamo in Mario Orsini va in città che sembra uscita da un racconto di Carver, mentre Dale Cooper, sei un feeesso! è pura, ironica, verità.
Il gruppo comunque è talmente superficiale che viene quasi voglia di fidarsi e prenderlo sul serio, un canto estremo, tra il punk più feroce al pop più demenziale, riff veloci e ossessionati ma inoffensivi e deboli. Ovviamente a questi ragazzi dobbiamo lasciare il tempo di sviluppare liberamente e in santa pace le loro nevrosi e perversioni creative per comporre più canzoni sorprendentemente brillanti e dall'ironia per una volta riuscita come Sembrava facile e la finale Sulla svirilizzazione di Quagliarella.
Un disco che prosegue con numeri di power-pop impiastricciato da pestifere bombolette punk, tic nervosi e movenze lunatiche e scomposte, a tratti francamente irritanti. Non chiedete a questa musica di spiegarvi o cambiarvi la vita e forse inizierete a divertirvi dopo qualche ascolto.

www.fallodischi.blogspot.com

sabato 4 febbraio 2012

Freddocane – S/t

Etichetta: autoprodotto
Genere: stoner, grunge

Dopo un Ep di sei brani licenziato nel 2009, questo è il primo full-length del trio di Bergamo.
Il disco si apre con Insane in cui la sezione ritmica disegna un’ottima dinamica lento-veloce. La stessa dinamica che contraddistingue Retrokiller dove l'iniziale incedere alla Talking heads (che sia un riferimento al più noto Psycho killer?!) evolve in una stordente cavalcata blues.
Freddocane è composto dal cantato di Beppe Fratus che urla come un ossesso, assecondato alla perfezione dal ruggito della chitarra di Ivano Colombi e la precisione della batteria di Stefano Guidi.
In Freddocane ad esempio, quinta traccia di questo disco, non si canta, si urla fin quasi allo svenimento, e Stefano Guidi pesta la batteria come a volerla distruggere più che portare il tempo; accanto a tutto ciò, litanie imbevute di tensione (Neve, Nebbia).
Un gruppo però privo di idee illuminanti ma fortemente determinato e sincero. Per capirlo basta ascoltare, oltre a brani imperfetti come Col senno di poi e Se non lo sai, anche i discreti rifacimenti di Such a shame, storico brano anni ‘80 dei Talk Talk, e la leggendaria Walk on the wild side.
Foga e urgenza espressiva, carica selvaggia incanalata in un sound “rifinito” ma non per questo meno urticante e sovversivo (Stanco).
Sicuramente il limite principale della band risiede nella voce, in quel timbro troppo imitazione di un fuori luogo Eddie Vedder (non a caso Beppe suona anche in una tribute band dei Pearl Jam). Voce, quindi, che per quanto potente, non è emozionante e con un approccio più consono a gruppi mainstream, più da pop infetto che da vecchio stoner. Nulla di incoerente o brutto in assoluto, ma l'impressione è quella di un lavoro approntato senza grandi impulsi.