giovedì 22 novembre 2018

Stefano Lentini - Fury

Etichetta: Coloora Rec
Genere: alt-classic

Il compositore romano è una figura decisamente originale nel panorama contemporaneo. La sua musica percorre un crinale tortuoso fra minimalismo e pop, classica e avanguardia, forte dell’eredità di Michael Nyman e Philip Glass senza però sovrapporsi a nessuno dei due. Parente stretto di progetti come Penguin cafè orchestra e Mogwai, con un pizzico di Tuxedomoon, ma anche qui senza invadere il campo di nessuno.
In Fury, Stefano Lentini suona chitarra classica e acustica, basso, piano, tastiere e percussioni, mescolando suoni campionati, orchestre e cori, il tutto con encomiabile coraggio e risultati strepitosi. Questo nuovo disco, seppur in cerca di sapori inediti, riprende timbri e melodie di sempre, le amalgama con soluzioni sperimentali ed espedienti popolari, per una miscela stupefacente, inedita e inconsueta, almeno da queste parti del mondo sonoro.
Oltre alle pregevoli composizioni, Stefano Lentini esibisce la sua capacità di non adagiarsi su una formula ma di offrire di brano in brano situazioni diverse e sempre convincenti.


lunedì 19 novembre 2018

The Di Maggio connection - Rowdy

Etichetta: Thunderball rec
Genere: rock'n'roll


Io sono uno che odia le feste di compleanno così ho escogitato questo infallibile metodo per evitarle: dato che molti cd che mi arrivano a casa e sui quali dovrei scrivere qualcosina non mi piacciono molto, anzi son album o gruppi che mai e poi mai riascolterò nella vita, con una serie di giri di parole e pantagruelici elogi, li riciclo come regali ai compleanni dei miei amici spacciandoli per musica ricercata dell’underground emergente italiano. Questa strategia impeccabile mi sta portando, lentamente, a raggiungere il mio scopo. Il tutto però comporta anche il rischio di restare senza amici. Ma vabbè, è il rischio della scommessa.
Però, a volte, arrivano queste buste gialle contenenti piccoli gioielli e Rowdy dei The Di Maggio connection è uno di quelli. Non solo non regalerò a nessuno questo disco ma molto probabilmente domani andrò ad iscrivermi al gruppo di rockabillisti anonimi presente qui a Bologna, metterò su questo cd e costringerò tutti a ballare fino all’alba. O finchè non mi menano. Perché Rowdy è un album con una sola grande intenzione: trasmetterti un’energia pazzesca e portarti a muovere la parte posteriore del bacino (o chiappe, culo, deretano, didietro, fondoschiena, glutei, mappamondo, natiche, paniere, posteriore, tafanario) fino a svenire.
Il trio, composto da Matteo Giannetti al basso, Marco Barsanti alla batteria e, ovviamente, Marco Di Maggio alla voce e chitarra, ti rapiscono col fascino del loro sound suggestivo e tirato, scontro fra gli elementi, strutture di rara eleganza, potenza ritmica ed originalità di espressione decisamente non comuni.
Per avere un’idea del sound immaginate una cena a casa di Tarantino con Johnny Cash a fumare rabbioso alla finestra, Elvis ed Eddie Cochran che fanno i piacioni con Sister Rosetta Tharpe mentre Clem Sacco imita le smorfie di Jerry Lewis per distrarre un disforico Gene Vincent.
Link Wray è in ritardo ma ha chiamato e sta per arrivare.


Official site
Facebook

lunedì 22 ottobre 2018

Valente - Il blu di ieri

Etichetta: Dischi Soviet Studio
Genere: new wave

Fosse stato un disco di David Bowie, Il blu di ieri si sarebbe potuto piazzare, per continuità musicale, tra Reality e The next day a colmare quei 10 anni di vuoto lasciati dal Duca Bianco.
Valente crea così un disco ragionato, attraente, con il giusto mix di testi e melodie, con pezzi dal sapore puramente commerciale e altri più tirati e maturi. 
Un lavoro in cui non sembra esserci un brano musicale predominante, anzi, l’intera produzione scorre piacevolmente tra ritornelli azzeccati, sospensioni, ripartenze emotive. 
Per tutti gli amanti della new wave, Il blu di ieri è un’entità sonora senza paragoni.


Facebook

mercoledì 10 ottobre 2018

Sinfonico Honolulu - Thousand souls of revolution

Etichetta: autoprodotto
Genere: rock ukulele

Mettere otto musicisti insieme e sette dei quali con un ukulele in mano è sempre un gran rischio, c’è costantemente il pericolo della sindrome da chitarra da spiaggia (e non mi riferisco al fatto che dopo due ore ci si ritrova tutti a limonare tranne chi suona la chitarra, true story).
Ma l’eventualità di subire un danno connessa a circostanze più o meno prevedibili, il suddetto rischio appunto, viene assolutamente meno in questo Thousand souls of revolution, dove i Sinfonico Honolulu apprendono con profitto le migliori lezioni della Ukulele Orchestra of Great Britain, assimilano una dozzina di pezzi della migliore tradizione rock degli ultimi 50 anni (andrebbe ascoltato anche il precedente Absolutely Live) e convertono in sostanza organica brani non più vivi e, purtroppo, non presenti nel circuito mainstream, tranne che per qualche passaggio in sordina in sedicenti radio “ruock”. 
Ma torniamo a noi, in questo disco troviamo magistralmente distribuiti, ripuliti e messi in riga personaggi come Johnny Rotten, Robert Smith, gli Stranglers e Julian Cope, che non ascoltavo da anni (grazie ragazzi). E poi ancora una magistrale The killing moon, una spassionata Oh oh I love her so di uno dei miei gruppi preferiti (stiamo parlando ovviamente dei Ramones), le “muoviculo” Johnny come home e The voice, l’efficace canzone pop degli Inxs, Mystify. Se si pensava che con la cover di Johnny Cash il famoso pezzo dei Depeche mode non sarebbe potuto andare oltre, bhè, sti toscanacci provano ad alzare un pochetto l’asticella e, con successo, saltarci su e oltrepassarla, mentre è con una divertente e personalissima Lonely boy che viene fuori tutto il carattere goliardico ma al tempo stesso l’attenzione e la ponderatezza dei Sinfonico Honolulu per i suoni e gli arrangiamenti. E infine le lacrime (per modo di dire) sul pezzo più conosciuto e sacro dei Joy Division: Love will tear us apart.


venerdì 21 settembre 2018

Piqued Jacks - The living past

Etichetta: autoprodotto
Genere: poprock, elettronico

Difficile descrivere un disco che ha poco di innovativo ma che senza dubbio è di alta qualità.
I toscani Piqued Jacks mantengono la linea dura con Loner Vs lover e ci fanno annusare la loro attitudine punk con The living past. Riecheggiano i Big ups e ballate proto-punk alla Strokes (Being hurt Sublunary). 
Eternal ride of a heartful mind è la perfetta colonna sonora di un film pop. La nausea di chitarre mangia la scena in P.A.I.N.T., e sorregge i ritmi sorprendentemente melodici (Dusty shelvesMount Bonnell Don’t hope, believe) che accompagnano la voce di E-king. 
Un suono attuale ma fatto di roba vecchia come chitarre fuzz e grossi amplificatori valvolari. Un suono sporco, aggressivo e distorto che strizza l’occhio, forse con troppa insistenza, alla ricerca spasmodica di melodie, armoniche e ritmiche smaccatamente “popular”.



venerdì 7 settembre 2018

Turco – Via Roma


Etichetta: Putsch Records
Genere: synthpop

Dopo First del 2016 che ha portato Turco in giro per l’Italia e all’estero, torna la cantautrice tarantina con Via Roma, un album questa volta in italiano che ha l’unico scopo di celebrare i pionieri del pop elettronico di qualche anno fa. Tre sono le chiavi di volta: energia, fascino e ritornelli inconsumabili.
Turco è quella che potremmo definire una one-woman show, i suoi concerti (ho avuto la fortuna di vederla all’Awanda Internescional Fest mesi fa) sono un concentrato di capacità e bravura, è dal vivo che riesce a rivelarsi davvero per quello che è, un’artista completamente padrona della propria voce e delle sue possibilità timbriche ed espressive, capace di creare con loop, synth, arpeggi di chitarre acustiche e tanta elettronica, melodie delicate e coinvolgenti.
I brani di questo disco, smaccatamente pop, non mancano di freschezza ma risultano, purtroppo, allo stesso tempo fragili e poco incisivi, incapaci di imporsi all’ascolto nonostante il groove rapinoso pregnante di dettagli tutt’altro che banali.
Un sentiero assolutamente non dozzinale seguito da molti in questo periodo, che lo rende con amarezza ordinario.

Facebook