mercoledì 9 marzo 2022

Clov - Every love story is a death story

Etichetta: I Dischi del Minollo, Hysm?
Genere: lo-fi pop

Every love story is a death story è un concept album che cerca di raccontare la consueta e ordinaria evoluzione di una relazione amorosa: l’infatuazione iniziale dove prevale l’attrazione fisica e chimica tra due soggetti; l’innamoramento in cui si approfondisce la conoscenza reciproca; la differenziazione e la disillusione che porta a vedere la persona per ciò che realmente è; l’inevitabile fine col suo dolore del distacco ed il senso di perdita.
Il disco è stato interamente registrato in casa ed ha visto la collaborazione di numerosi compagni di suonate che hanno impreziosito i brani con violini eterei, sassofoni spezzettati e poi ricomposti, batterie e percussioni intense, tenacia e pazienza. L’album si caratterizza come un lo-fi pieno di chitarre distorte, synth e rumoracci, meno industrial rispetto ai lavori che lo hanno preceduto ma comunque fedele al noise, con più psichedelia, ballate sintetiche e melodie pop non convenzionali.
E comunque è tutta musica folk.


Clov è il progetto solista di Piero Prudenzano, un manipolatore di suoni che accompagna le armonie tipiche di una chitarra, un basso o un sintetizzatore, con vibrazioni più sperimentali create da oggetti, giocattoli modificati e registrazioni in strada.
Inizia a suonare la chitarra fin da giovane collaborando con gruppi punk del tarantino, band caratterizzate da un approccio selvaggio, energico e minimale alla musica. In seguito si avvicina al circuit bending, pratica atta ad alterare in maniera creativa e tramite semplici cortocircuiti, dispositivi e apparecchi elettronici, soprattutto vecchi giocattoli. L’intento è quello di estrapolare da essi suoni inediti, creare nuovi strumenti musicali e bizzarri generatori di suono.
Questa sperimentazione e ricerca di nuove soluzioni soniche, l’utilizzo del “guasto” che genera novità e apre a percorsi creativi inediti ed affascinanti, porta alla registrazione del primo lavoro solista nel 2009. This is not Woodstock è un disco minimale che recupera sonorità kraut con innesti di industrial anni ‘80: da una parte i Neu! con il loro cosmico ed indecifrabile sound e dall’altra le oscure miscele apocalittiche dei lavori dei Nurse with wound.
Nel 2012 fonda, insieme all’amico Stefano Spataro (Hysm?, Solquest), il duo avant-rock La sedia di Wittgenstein, progetto dedicato a Ludwing Wittgenstein, personaggio divertente della logica, ispiratore e guru dell’arredamento contemporaneo. Dopo una serie di concerti in Italia e oltralpe esce l’Ep omonimo, un condensato di chitarre distorte che si mescolano a registrazioni lo-fi, circuit bending, arie di musica lirica: un’improvvisazione tra sogno, psichedelia e rumori.
L’irrequietezza da smanettone lo riavvicinano alle esplorazioni e sperimentazioni sonore, alla ricerca di imperfezioni uniche, glitch poetici e deliri arbitrari. Da questi “difetti” nasce It’s all fun and games until someone loses an eye. Il secondo lavoro continua sulla linea noise e lo-fi del precedente ma strizzando l’occhio ad armonie smaccatamente pop, dando vita a musica formata più da mani ed emozioni umane che non da giocattoli rotti, field recordings, casse scassate e ring modulator.

domenica 16 febbraio 2020

Red Mishima - Red Mishima

Etichetta: Swiss Dark Nights
Genere: dark wave

L’associazione in un’unica immagine di due termini che rinviano a sensazioni distinte, a sfere sensoriali diverse (come rispettivamente udito e tatto, olfatto e gusto, e così via), che unisce musica e immagine, viene chiamato legame sinestetico. Immergersi in un suono, soprattutto se ad alto volume, lo rende corporeo, percepibile.
Questa liaison ha da sempre suggestionato e ammaliato i musicisti.
Basti pensare al compositore francese Claude Debussy che, fra il 1901 e il 1907, compose la serie di suite per pianoforte chiamate Images, immagini appunto, che lo portarono ad essere definito un impressionista, come gli esponenti della corrente pittorica.
Con l’avvento del supporto fisico che accompagna la musica, il rapporto tra queste due arti si è andato ancora di più contaminando fino a diventare un vero e proprio rapporto funzionale: l’arte diventa applicazione della musica e la band la rappresentazione musicale dell’arte e delle installazioni dell’artista (la banana di Warhol, l’uomo in fiamme di Wish you were here, o la copertina-manifesto di Go2 degli XTC).
Così le immagini possono immortalare l’essenza di un genere e la sua rappresentazione, eternare un’icona promuovendola a mito, o slegarsi in maniera violenta dalla musica.
A volte si ha l’illusione di conoscere il contenuto del disco solo guardandone la copertina.
Come con questo primo lavoro dei Red Mishima pubblicato per la Swiss Dark Nights il giorno del mio 35esimo compleanno.
Un fiore rosso che è un’esplosione di quiete, disturbata e controllata (come il seppuku, il rito giapponese scelto da Mishima il 25 novembre 1970 come gesto di lotta contro l’occidentalizzazione del Giappone) che ci offre lo spunto per immaginare, accompagnati dalla musica della band bolognese, l’istante stesso in cui quel disco ha suonato per la prima volta.
L’album si apre con Oblivion, una cavalcata dark con un velo di malinconia che senti sincera, per poi sfociare in una rabbia che sembra implodere, soffocata tra i denti (Tomorrow’s death e Marion). Attitudine per suoni spigolosi, voce dolce e distante sommersa da strati di chitarre stranianti e volubili, nervose bizze elettriche e una grande passione per la melodia (Beyond the mirror, Crystal forest), ossessioni più che canzoni d’amore (Seppuku of love) e interessanti tessiture strumentali, tonalità cupe, spettrali, drammatiche e marziali attraversano questo loro lavoro.

Facebook

domenica 19 gennaio 2020

The Junction – Dive


Etichetta: Dischi soviet studio
Genere: punk rock, garage

Terzo disco della band padovana (dopo Let me out! del 2012 e Hardcore summer hits del 2015) e un manifesto di intenti portato avanti sin dal primo lavoro. Un disco che entra a gamba tesa in quel filone garage-punk d’oltreoceano che guarda spudoratamente agli anni ’90 e sembra non volersi esaurire.
Dive propone un suono attuale ma fatto di roba vecchia come chitarre con enormi fuzz e distorsioni, grossi amplificatori valvolari e batteria maltrattata, per un suono squisitamente sporco, aggressivo e storto (l’iniziale Die alright e Bombay movie fra tutte).
Un album decisamente ispirato, con una inarrestabile capacità di unire suoni, rumori e nervosismo ritmico con una naturalissima facilità per la melodia. Il suono marcio delle chitarre la fa da padrone in Far away, tensioni positive e scanzonate di Try something new e Lost in the middle east si alternano al piglio decisamente britpop di Crazy o Dive.
Il taglio punk rock delle ritmiche viene spinto al massimo in chiusura (The widow) come se dal coinvolgimento fisico del pubblico dipendesse un più intenso coinvolgimento mentale. L’impatto è forte e vien voglia di vederli sprigionare dal vivo la loro impetuosa energia.
Un album che sicuramente gli amanti del garage apprezzeranno.


domenica 12 gennaio 2020

TSbluesone – ‘Na spiranza


Etichetta: Dcave records
Genere: sicilian electro-blues

Devo dire che con questa produzione la Dcave records (che avevamo conosciuto anni fa con Samuela Schilirò) si è davvero superata. TSbluesone, affiancato da Daniele Grasso come produttore e arrangiatore, travalica l’abusato concetto di blues che si rivela limitato nel suo caso. La varietà di suoni ed i forti innesti elettronici ci regalano una grande ricchezza ritmica e sonora, una sensibilità poetica e, a tratti, una profonda malinconia commista a dolcezza.
Antonio Spina, siciliano, rivela nel suo stile, influenzato dal blues e in cui traspaiono gli esordi nel rhythm’n’blues, una personalità decisamente spiccata: all'occorrenza improvvisatore sciolto, il chitarrista evidenzia anche una vena allucinata non di maniera e di gran fascino.
Musica nuda e malinconica, che parla di strade percorse e da percorrere, di una terra e di un popolo che, per citare Marx ed Engels, ha “sofferto in modo terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere”.
Una raccolta di otto pezzi che rappresentano la diretta connessione di TSbluesone con il blues del Delta.

Facebook

venerdì 21 giugno 2019

Jalan Nx X Sara Legaspi - Troppo lento


Etichetta: autoprodotto
Genere: elettronica, hip hop

L’elettronica ruvida e dura e la voce sicura e calda che aprono questo disco, con Blu colore d’immenso, racchiudono le due anime di questo disco. Quella di Jalan Nx, robusta, ritmica, figlia dell’hip-hop e con qualche ricordo in casa Morr music, e quella di Sara Legaspi, pop, dolce, sognante e malinconica. L’utilizzo di un’elettronica fatta da muri di synth, ritmiche che incalzano lente e potenti, convive con un’armonia nuda e liscia, ispirata, che si muove su trame semplici ma fitte.
Duale è l’aggettivo che più si adatta a quest’album: un disco che sa di città, di strada, ma anche di stanze dove cercare e trovare pace, dove quello che succede fuori arriva ovattato. Immagina due colori, due valori o punti di vista diversi ma complementari e falli suonare insieme. Questo è Troppo lento.


mercoledì 19 giugno 2019

Tuaprinz - Alûa?

Etichetta: autoprodotto
Genere: conscious rap

Un ritorno sulla scena dei Tuaprinz che è una ventata, anzi un uragano di novità.
Lascia sbalorditi questo disco del gruppo genovese, soprattutto per me che non sono un grande ascoltatore del genere, che dopo più di 20 anni di militanza hanno costruito, forse, la prova della maturità. Alûa? è frutto di una forte crescita interiore, consapevolezza dello schifo che stiamo vivendo, dell’avanzata sempre meno celata del fascismo e della voglia di contrastarla, fosse anche solo con una manciata di canzoni, va bene tutto pur di non rimanere in silenzio.
Testi importanti, in bilico tra impegno sociale e dolore umano, lotta e solitudine, in forte contrasto con questa massa di cantautori uniformi e monotoni che salmodiano i loro slogan che spesso fanno alzare il pugno ma, ancora più spesso, passano solo superficialmente.
Ma non è solo una questione di idee espresse, ma anche di sound. Un suono fedele ai classici standard del genere e contaminato, in senso positivo, dal pop: un calderone di composizioni ottimamente realizzate.
Potenzialmente suggerito a tutti, perché può piacere a tutti, sia a chi lo ascolta per il suono trascinante sia a chi dà un’occhiata ai testi: sarà costretto a riflettere.


Bandcamp
Facebook