Etichetta: Dischi soviet studio
Genere: punk rock, garage
Terzo disco della band padovana (dopo Let
me out! del 2012 e Hardcore summer hits del 2015) e un manifesto di
intenti portato avanti sin dal primo lavoro. Un disco che entra a gamba tesa in
quel filone garage-punk d’oltreoceano che guarda spudoratamente agli anni ’90 e
sembra non volersi esaurire.
Dive propone un suono
attuale ma fatto di roba vecchia come chitarre con enormi fuzz e distorsioni,
grossi amplificatori valvolari e batteria maltrattata, per un suono squisitamente
sporco, aggressivo e storto (l’iniziale Die alright e Bombay movie
fra tutte).
Un album decisamente ispirato, con una inarrestabile
capacità di unire suoni, rumori e nervosismo ritmico con una naturalissima
facilità per la melodia. Il suono marcio delle chitarre la fa da padrone in Far
away, tensioni positive e scanzonate di Try something new e Lost
in the middle east si alternano al piglio decisamente britpop di Crazy
o Dive.
Il taglio punk rock delle ritmiche viene
spinto al massimo in chiusura (The widow) come se dal coinvolgimento
fisico del pubblico dipendesse un più intenso coinvolgimento mentale. L’impatto
è forte e vien voglia di vederli sprigionare dal vivo la loro impetuosa
energia.
Un album che sicuramente gli amanti del
garage apprezzeranno.