giovedì 31 marzo 2011

Jesusmile N_9 - Smile of a freak Jesus

La dimensione del problema della sterilità è abbastanza ampio ed il numero delle coppie che non riescono a riprodursi è notevolmente in aumento. Questo soprattutto per una serie di fattori sociali ed ambientali, come l’aumento di sterilità maschile e femminile in seguito a malattie sessualmente trasmissibili, o il compiere l’atto sessuale ascoltando il cd di Sanremo, il quale può causare un’alterazione del processo ovulatorio per interferenze con la secrezione del GnRH e/o per iperprolattinemia.
Inoltre, recentissimi studi, hanno dimostrato che anche il più semplice contatto cutaneo col suddetto disco può causare psoriasi pustolosa.

Ascoltando tutto ciò, anche noi abbiamo deciso di dare il nostro contributo per risolvere i vostri (e sottolineo vostri) problemi. Attraverso questa compilation, che racchiude 20 (venti) brani per scenari onirici di fascino estremo, gioventù di bruciati, musica alla deriva attraverso gli stili più disparati, ritmi martellanti, battiti pesantissimi, chitarre distorte all'inverosimile, autolesionismo e canzoni tunze, anche voi potrete godere di nuova e acerba salute. Speriamo che il Santo Padre apprezzi il gesto, perché noi siamo convinti che se Gesù avesse avuto un iPod, avrebbe voluto essere crocifisso ascoltando questa compilation.

Jesusmile N_9 – “Smile of a freak Jesus” in freedownload (scarica aggratis) + Compilation che salva dalla sterilit, clicca QUI

Tracklist:
1) Le singe blanc – Druine
2) Morkobot – Skrotokolm
3) Cosmetic – Prima o poi
4) Amaury Cambuzat – The sorcerer (part II)
5) Dance for Burgess – I’m wired
6) Zeus! – Turbo Pascal
7) The Marigold – Exemple de violence
8 ) Garage boy – Gimmie gimmie
9) Ka mate ka ora – Morning regret
10) Karl Marx was a brocher – Teletubbie
11) Hysm? – Jesus smile
12) Linfante – Il principe morto
13) Crimen – Revolution of the black tulip
14) Salome lego playset – Cause we believe in God
15) Io monade stanca – Abete 4321234
16) Les spritz – Payaso
17) Il Cristo fluorescente – Burning regrets like faded photographs
18) Bogong in action – The dog with six legs
19) La sedia di Wittgenstein – Tenore di vita
inoltre il disco contiene il video di “Imbocca il down tedesco” dei R.U.N.I.


Uross – 29 Febbraio (lo squilibrista)


Etichetta: Olivia records
Genere: pop rock, rock autorale

Dopo anni di gavetta, partecipazioni a numerosi live e manifestazioni, la band pugliese pubblica il suo primo disco ufficiale: 29 Febbraio (lo squilibrista).
Così com'è, il disco è disomogeneo, appare incerto e non perfettamente riuscito, ed è un peccato perché la prima accoppiata di canzoni è un vero gioiello che non si smetterebbe mai di ascoltare.
Con L’urlo e Psychoman siamo dalle parti di un hard-rock che non fa sconti di alcun genere all'appeal da canzonetta, per poi passare ad un collage musicale straniante che spazia da ballate in cui latita un minimo di fascino (La canzone di Natale) fino a sprazzi folk, improbabile ballata bucolica (Godot).
Poi, dopo la nomadiana Ormai andato, con tanto di leggeri coretti da parrocchia, ecco che con Un tipo chiamato Destino si torna a guardare al di là dell'Atlantico, anche grazie a L’eternauta e le sue chitarre amplissime e delicate, perfettamente diluite nel brano.
Per tutte le dieci tracce non si riesce a trovare quella sintesi di spirito e materia così fortemente cercata. Peccato per i numerosi deja vu musicali.

Clov

sabato 26 marzo 2011

Nico Greco and his band – Blue like Santa Cruz


Etichetta: Red birds records
Genere: folk-rock, blues

L'arte è quella classica di un cantastorie che ha sempre contemplato l'America ed i suoi ideali in modo critico, preferendo raccontare la cosiddetta "wrong side" dell'immaginario a stelle e strisce attraverso ballate dolenti e cavalcate elettriche. 
Poca tecnologia e nessun controllo maniacale di centinaia di effetti, per dodici tracce che assimilano definitivamente le lezioni folk-rock dei Byrds, parti di blues dolente, suoni facili e voce calibrata a ricordarci che siamo pur sempre in Italia.
La band accompagna una troppo appassionata e poco sporca chitarra, con Davide Marcone che scandisce tempi semplici ma con grande precisione, Claudio Carluccio, al basso, ha dalla sua un suono caldo, uniforme e pieno, e Paolo Messere che è un "mediano", fa un lavoro oscuro ma fondamentale.
Si parte con l'incedere caracollante di My will to live, l'orecchiabile e briosa A part of happiness, two parts of whiskey, l’intima My mother, solo voce e chitarra acustica, e si prosegue con la dolce She, classica ed elegante ballata folk-rock. Più avanti compare una spensierata Sing with me che ricorda strade polverose e noncuranti corse in macchina, ed una lineare e comprensibile chitarra che introduce il lento e viscerale blues di Red river.
Un disco che ricorda un Tom Waits senza la sua voce devastata dall’alcol, Johnny Cash sprovvisto di stimolanti e anfetamine o un Neil Young privato delle migliori droghe.

 Clov

venerdì 25 marzo 2011

La Fonderie – Downtown babele


Etichetta: autoprodotto
Genere: pop rock

Brani di facile orecchiabilità, popolari (riferendosi ad una popolarità di massa, probabilmente ricercata), per un disco autoprodotto che ci consente di tirar fuori il solito comodo e vago concetto di scena "indie" italiana.
Le canzoni di Downtown babele sono in un equilibrio quasi perfetto poco lontano dal rock, che mica deve essere per forza un difetto, anzi, la scrittura è ispirata, gli arrangiamenti, anche se a tratti un po' in esubero, funzionano e le melodie pure. Cosa guardi in Tv e Autostrade sono dei buoni esempi di belle canzoni.
Giorni da vendere è invece uno dei momenti meno riusciti del disco, imprigionato com’è in uno schema dinamico, strofa di un paio di accordi e ritornello esplosivo, di stampo rockettaro, che collassa in uno svuotamento improvviso. Dimenticar l’aria, Ipnopolizia o Tutto il tempo che mi dai sono composizioni non sempre raffinate, con testi leggeri e dal notevole impatto emotivo, sui quali una voce poco duttile ma al tempo stesso incisiva, viaggia a briglie sciolte.
Una ricetta semplice per un prodotto di qualità quasi eccellente.

Clov

lunedì 21 marzo 2011

Uncontrollable urge – Dirge


Etichetta: autoprodotto
Genere: alternative metal, art rock

Dirge è sicuramente un album “massiccio” in cui troviamo più di qualche idea sviluppata in maniera vigorosa, anche se la band ha il difetto di lasciarsi andare con eccessiva sicurezza al fluire della musica, senza tenere conto dei rischi di una jam hard-psichedelica tirata un po’ per le lunghe.
I dieci brani hanno più o meno delle soluzioni abbastanza simili: un sound potente e metallico, che si stempera in fraseggi ipnotici e che poi, lentamente, riprende quota fino al colpo di coda lisergico. Variazioni di ritmo, di intonazione e di voce ed esplosioni di rabbia, tutte condensate e fuse con naturalezza irreale, in totale armonia.
Dislessia diseidetica e Which is the colour of Jack’s pants sono brani capaci di dare buoni risultati ma, a volte, aleggia quella sensazione che alcune idee siano rimaste inespresse per incapacità di scegliere una direzione precisa.
Così il disco passeggia fra istantanee frammentarie di sulfurea bellezza, e pezzi godibili ma non eccelsi, con una ritmica prevedibile che neppure il gran lavoro di Vrolok al basso e con Mr.Far, Lexo, Jackie e Tomas (rispettivamente voce, due chitarre e batteria) concentrati a far bene il loro compito, riesce a riscattare.
Un romanticismo doloroso che finge di trattenersi per poi lasciarsi andare in impeti di violenza lancinante e delicata.

Clov

giovedì 17 marzo 2011

La victoria – La V.


Etichetta: autoprodotto
Genere: alternative, pop-rock

Un disco all’insegna di due parole chiave: storia e amore.
La victoria sono bravi, molto bravi. Gran bella voce, capacità interpretative oltre la media, una naturalissima facilità per la melodia, un’inarrestabile capacità di mischiare suoni e rumori, spunti originali, sperimentalismo e pop. Forse si pecca ogni tanto di eccessivo eclettismo e di una sorta di horror vacui sonoro che minaccia anche le loro migliori invenzioni.  
La grande ingiustizia presenta i pregi ed i difetti appena descritti e la chiusura orchestrale di Anna Moore, ad esempio, è tanto interessante quanto inutile.
Se tutti i brani fossero all’altezza dell’iniziale Ritento, sarò più fortunato, della stralunata Scatola di carta o del nervosismo ritmico di Io sono Dillinger, avremmo potuto quasi definire La V. un piccolo capolavoro, ma invece è soltanto un buon carrozzone sonoro.

Clov