giovedì 30 giugno 2011

Nobody on stage – Nobody on stage


Etichetta: autoprodotto
Genere: classic-rock

I Nobody on stage, al loro primo Ep, sono un gruppo giovane, in cui i componenti sono tutti nati nel ‘90 (ed io che credevo che dopo il 1989 non fosse nato più nessuno), una band che evoca il consiglio supremo dei maestri degli ultimi ‘50 anni, senza mai perdere identità.
Roll in the city potrebbe essere un misto tra una rivisitazione moderna del “viaggiatore” di Iggy Pop ed il rock decadente di Lou Reed, con un tono più narrativo che lirico, ballata sfocata tra dramma e dolcezza.
Ordinary day e Birtday under bombs sono invece caratterizzate da un sound eccentrico e spiazzante che pesca un po’ ovunque, dai travolgenti ritornelli di un giovane Chuck Berry, alle melodie frizzanti dei Prefab Sprout, fino al pop dal sapore retrò dei Divine Comedy.
Con Drag me out si passa ad un blues rock intenso e intransigente alla Rolling Stones: imitatissimi riff, animalesca vocalità, battiti asciutti e puntualità inesorabile del basso.
Infine The night passa tra toni soffusi e slanci furoreggianti, con coordinate musicali del tutto atipiche per il sound “indie” che domina le scene musicali di questi anni, per terminare in un lungo e sfibrante assolo finale di cui si poteva (o si sarebbe dovuto) fare davvero a meno.
Un disco che “puzza di vecchio”, certo, ma una vocazione ritmica che, se ben sfruttata, potrebbe regalarci in futuro qualche preziosa perla.

Clov

domenica 26 giugno 2011

C+C=Maxigross – Singar


Etichetta: Vaggimal records, 42 records
Genere: pscihedelia corale, pop

Tornano su queste “pagine” i nostri montanari preferiti: la Vaggimal records, e questa volta con un disco di “psichedelia corale” firmato dal collettivo lessino dei C+C=Maxigross.
La band spazia tra blues, folk, indie-rock e chi più ne ha più ne metta, padroneggiando questi linguaggi e tirando fuori dal cilindro, ogni volta, una cosa nuova, una sorpresa.
Un album strapieno di citazioni, variazioni, di tutto. Le sette canzoni sono un cantico alla leggerezza montanara (il disco è stato interamente registrato da Francesco Ambrosini nella casa di montagna dei C+C=Maxigross, costruita il 15 maggio 1965), tra vicini che litigano o che tagliano l’erba e lo scoppiettio del camino, oppure nella solitudine di anime perse nel nulla delle grandi montagne. Questo è anche il filo conduttore che rende il lavoro unitario e logico (Rather than Saint Valentine's day Pt.1 e 2, Wejk ap, The moka efti crazy bar).
E con Low-sir è impossibile non farsi catturare da un riff acustico blues campionato e ossessivo, con l'accompagnamento di una ritmica indolente basso/batteria, su cui è montato un cantato decisamente surreale.
Un'accattivante semplicità caratterizzata da un estrema accuratezza e precisione nei particolari.
Per chi fosse interessato ad una copia fisica con curatissimo artwork alpino, la può ordinare direttamente dalla Vaggimal records o scaricare gratuitamente dal sito della 42 records.

Clov

lunedì 20 giugno 2011

Ananda – War diaries


Etichetta: Seahorse recordings
Genere: stoner rock, psichedelica

L'incipit del disco fa subito capire cosa ci aspetta: un riff di chitarra lento e ipnotico, un bordone di basso dal suono indefinito e una voce che crea fin da subito una certa tensione, rude e arrabbiata, a tratti disperata, tipicamente stoner, ma via via affievolita per passare da un disco brutale ad uno più ipnotico.
Così si presentano gli Ananda, al loro secondo lavoro realizzato nei Seahorse studios di Paolo Messere, un equilibrio incredibile tra citazioni varie, influenze e originalità, con riff semplici ma di un'efficacia stupefacente, sogni zeppi di note musicali.
Soldat perdu è un gioco infernale di alternanza tra brevi strofe quasi solo cantate e parti di violenza strumentale capaci di creare tensione al punto giusto fino a terminare per sfinimento.
Major E è una ballad in cui si respira maggiormente la vena più malinconica della band, un improbabile incontro tra Syd Barrett, David Bowie e Mark Lanegan in un immaginario mondo dei trip.
Poi ci si culla sulla lucente slide di Youth,  intensa e avvolgente, con un violoncello molto presente per quasi metà del disco, che è quanto di più pacato e inquietante si possa immaginare.
Un'atmosfera distesa, equilibrata, quasi da pace dei sensi si diffonde man mano che l’ascolto va avanti, fino a giungere a poco più della metà del disco, dove arrivano le due zampate decisive sotto forma di How to forget an ocean e Somethin’beats me, probabilmente il disegno più compiuto e articolato dell'intero lavoro.
Indian spring si avvicina all’anima sofferente delle canzoni di Cobain, quelle che più ricordano struggenti confessioni di un incurabile disagio esistenziale, con un crescendo che rende il suono sempre più saturo e sporco.
Il mondo a noi conosciuto finisce qui, con tutto il suo universo di suoni.

Clov

domenica 19 giugno 2011

Matteo Malquori – Il gioco analogo


Etichetta: autoprodotto
Genere: cantautorale, folk-blues

Il gioco analogo è il disco d’esordio di Matteo Malquori, un album che, come lui stesso lo descrive, “racconta le storie quotidiane, fatte di gente comune che sbarca il lunario, la voglia di puntare un occhio vigile dove la gente volta lo sguardo”.
Malquori e la sua band riprendono i blues aspri e deliranti di Tom Waits e le "chanson" jazzy di Paolo Conte, trasformandosi in fantasiosi tessitori di racconti (Bloody Mary blues, Chanel) mentre in più di un momento rischiano di cadere in un noioso dejà vu, ricordando una copia poco aggraziata del già poco aggraziato Vinicio Capossela, in strani sberleffi timbrici tra il circo e l'osteria (Una volta da piccolo, Alcool e cartoni).
Infatti, le sue composizioni migliori risultano essere Vai via o Il profumo, quelle in cui meglio si esprime la vena poetico-umoristica del cantautore toscano, dove Malquori immette maggiore varietà narrativa, riuscendo a creare suggestive immagini come fossero istantanee di un film di Fellini.
A mio parere un bellissimo disco incompleto, e come ogni disco incompleto che si rispetti, non mancano punte di alta levatura. Le due elegie, i due incroci di passione e disperazione che sono Monedita e Oh Lord ad esempio, in cui si distillano umori mesti e malinconici. 
Infine le pirotecniche note della finale Sul balcone non fanno altro che aumentare l'amarezza per ciò che poteva essere e invece non è.

Clov

domenica 12 giugno 2011

Naked truth – Shizaru


Etichetta: RareNoise records
Genere: jazz-core

Shizaru (da Shi-Zaru: non fare il male) è il nuovo disco dei Naked truth, imprevedibile formazione che firma questo disco con la RareNoise records.
Il quartetto è prodotto da Lorenzo Feliciati, che qui troviamo al basso, al quale si affiancano musicisti del calibro di Roy Powell (piano e tastiere), Cuong Vu (già trombettista di Pat Metheny) e Pat Mastelotto (batterista di King Crimson), il tutto fuso in un magma multiforme, inaspettato e bizzarro.
Le otto tracce costituiscono un flusso tanto composito quanto devastante di tecniche miste, ma tutte afferenti a una brutalità quanto mai freddamente architettata, esasperate da sventagliate isteriche di trombe, efferatezze elettroniche e micidiali assalti ritmici.
Dopo le iniziali Faster than an automatic door e 66, è con Shizaru che la fantasia di Feliciati prende il volo per non riatterrare mai più, cercando di trovare una via di fuga per mettere in mostra il suo eclettismo e quello dei suoi collaboratori, dove a parti ritmiche più misurate si alternano vere e proprie esplosioni di puro noise, dove la fantasia ne esce spesso con le ossa rotte.
Un jazz esotico pervade d’impalpabilità il suono su uno scandirsi di accordi estesi (Shining skin syndrome), e i precipizi psichedelici di Toching corners fanno venire definitivamente a galla un profondissimo senso di lacerazione e di perdita.
Canzoni ora fragili, ora robustissime, nelle quali la sorpresa è costantemente dietro l'angolo.

Clov