domenica 11 dicembre 2016

Gianni Venturi/Lucien Moreau - Moloch

Etichetta: autoproduzione
Genere: elettronica, industrial, sperimentale 

Un disco che è un richiamo a Metropolis di Fritz Lang nelle sue atmosfere cupe e visionarie, con le sue macchine che mortificano, fagocitano e sopprimono operai/schiavi, ma anche un album che è figlio legittimo della metropoli postmoderna, nella quale costantemente siamo chiamati a lottare.
Nonostante si tratti di un esordio, da ogni traccia emerge chiaramente la maturità artistica di Gianni Venturi (scrittore, poeta, cantante) e Lucien Moreau (compositore, regista, musicista) completamente padroni del proprio sound e molto sicuri dei propri mezzi comunicativi.
Suoni di elettronica pura si mescolano ad arrangiamenti di classica orchestrale, sperimentazione, muri di macchine e sintetizzatori, creando atmosfere apocalittiche che si mescolano ad una voce narrante che diventa parte stessa della sezione ritmica salmodiando stati d’animo, paranoie e ansie della vita.
Un lungo album (16 tracce per 76 minuti circa) dalla doppia anima, una che tenta di volare alta sulle miserie di tutti i giorni (ed in questo duemila c’è veramente da sbizzarrirsi) e l’altra che, nello stesso momento, tenta di fare a polpette qualunque esperienza estetica sempre piegata alla legge del più forte, si tratti di leggi politiche, economiche, sociali o delle più moderne leggi della comunicazione che domandano un sacrificio assai costoso al dio Moloch.
La disinvoltura con la quale Venturi/Moreau trattano aspetti personali di uomini, che potremmo essere noi e molto spesso non lo siamo, che anziché battersi per sopraffare gli altri da questa o quella parte di qualsiasi muro, hanno dedicato la propria vita a sperimentare nuove strade di espressione personale e musicale, non manca di lasciare perplesso l’ascoltatore.
Musiche e storie di scontri di uomini, conflitti giornalieri che ci schiacciano, ci riducono a mera massa inerte e lobotomizzata, lotte contro i potenti che puntualmente vincono e vinceranno, lo fanno ogni giorno.
Ma questa volta non lo faranno forti del nostro silenzio.