Genere: post-punk, psichedelica
La prima cosa che balza agli occhi (ancor prima che alle orecchie) dei trentini Kepsah è una certa dose di ambizione. Un artwork “imponente”, con cd e libretto ciclostilato inclusi all’interno di una monumentale confezione rigida in similpelle simil libro, come a voler rivendicare spazio fisico.
Ambizione legittima e, talvolta, benedetta, che nel discorso musicale intrapreso sconfina spesso nella supponenza di testi e passaggi recitati che molto hanno di teatrale ma ben poco di quell’anticonformismo cui sembrano mirare.
Stack, al di là delle lodevoli intenzioni, finisce spesso per restare schiacciato da una visione “pesante”, in cui la materia musicale è trattata in modo “serioso” e superficialmente debitore dei modelli di riferimento. Come dei Massimo Volume privati della poetica intimamente politica di Emidio Clementi o degli Offlaga Disco Pax senza invenzioni linguistiche.
In sostanza un lavoro su cui pesa una sostanziale immaturità progettuale, in cui ogni cosa è lì al posto in cui ti aspetti che sia e poco si fa notare particolarmente. Rimandati.
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