Genere: alternative, pop-rock
Un disco all’insegna di due parole chiave: storia e amore.
La victoria sono bravi, molto bravi. Gran bella voce, capacità interpretative oltre la media, una naturalissima facilità per la melodia, un’inarrestabile capacità di mischiare suoni e rumori, spunti originali, sperimentalismo e pop. Forse si pecca ogni tanto di eccessivo eclettismo e di una sorta di horror vacui sonoro che minaccia anche le loro migliori invenzioni.
La grande ingiustizia presenta i pregi ed i difetti appena descritti e la chiusura orchestrale di Anna Moore, ad esempio, è tanto interessante quanto inutile.
Se tutti i brani fossero all’altezza dell’iniziale Ritento, sarò più fortunato, della stralunata Scatola di carta o del nervosismo ritmico di Io sono Dillinger, avremmo potuto quasi definire La V. un piccolo capolavoro, ma invece è soltanto un buon carrozzone sonoro.
Clov
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