lunedì 23 maggio 2011

Atome Primitif - Three years, three days


Etichetta: Urban49
Genere: elettronica, alternative rock

Three years, three days è l'incanto ancestrale e irreale dei Cocteau Twins, le sperimentazioni ardite di Bjork, il kitsch e l'easy listening in un'ottica d'avanguardia degli Air.
Artigiani elettronici dalle larghe vedute, gli Atome primitif definiscono così il loro disco d’esordio: “Tre anni trovano la loro sintesi in tre giorni”, a voler sottolineare i tempi record impiegati per registrare il lavoro.
Dopo l'inizio al fulmicotone di Indù e Air, il suono si stempera nelle spire sensuali di January the 7th, per poi passare alla digressione "leggera" che trasporta l'ascoltatore in atmosfere bohemien da caffè parigino anni Cinquanta (Silver house).
La cantilena suadente di Azzurra Giorgi che si scontra volutamente col tessuto sonoro sottostante, produce  un'energia sottile, deliziosamente pop, che si trascina per tutte le undici tracce.
Languori psichedelici, ritornelli zuccherosi, caldi e soffici giri di accordi, alternati ad eterei vocals.
Spunti di livello possono assaporarsi poi in Machine e nelle carezze melodiose di Concert in my head, per un album che guarderete con rispetto e stima, assaggerete e gradirete pure, ma difficilmente perderete i sensi.

Clov

martedì 17 maggio 2011

Bokassà @La Farm – Bologna

L’altro pomeriggio mi è arrivata, puntuale come un orologio cinese, la mail della Farm, un bel posto a Bologna dove circolano gruppi davvero interessanti, si può ascoltare dell’ottima musica dal vivo, bere qualche birra, far ubriacare il cane di Benni e stendersi sui divani.

Jack












Comincio a leggere la mail ed ecco sbucare i nomi delle band del prossimo concerto. Il primo che viene fuori è Garage Boy (se avete scaricato l’ultimo numero di Jesusmile insieme alla compilation, allora sapete di cosa sto parlando)…ottimo inizio di serata, chissà chi suonerà dopo.
Ma quando continuo a far scorrere la pagina e leggo il secondo nome, del mistero comincia ad aleggiare per via Fondazza: Bokassà, una band afropunk.
Dato che non li conoscevo, chiedo a Google se ne sa qualcosa (Google sa sempre tutto) ed infatti mi risponde: “Bokassa: dittatore della Repubblica Centrafricana e poi imperatore dell'Impero Centrafricano col nome di Bokassa I. Fu destituito il 20 settembre 1979”. Grazie Sig. Google.
Trovo poche informazioni su questi ragazzi, mi incuriosisco ancora di più e decido di andare al concerto (dopo essermi sbronzato - per sbaglio - ed essermi perso un paio di volte – volontariamente -).

Garage boy












Garage Boy (ex Bread Pitt) è proprio come me lo aspettavo: ardite melodie che spaziano dal punk all’hip-pop, dal dub alla tecno, dal funk al pop anni Ottanta. Dopo dieci minuti di headbanging nonsense, comincio ad avvertire allucinazioni sonore e credo di ascoltare la voce di Carla Bruni che mi dice di bruciare la casa di un certo Igor (stupida Carla Bruni, si pronuncia Aigor). Esco a bere una birra.
Subito dopo arrivano loro, i Bokassà, bianchissimi e lattescenti in vero stile afro, salgono sul palco (che alla Farm non c’è) ed iniziano a suonare. Da subito si capisce che i ragazzi fanno sul serio.

Bokassà

Chitarre violente e scarne, basso che spara note intrise di vigore e melodia, una batteria che fa sprofondare la stessa melodia in rabbia ancor più rude, un groove vigoroso che si porta avanti per tutto il concerto e testi che non ci sono ma che comunque, se ci fossero stati, avrebbero meritato di essere censurati.
Stati Uniti d’Africa e Parbleu! sono delle vere e proprie esplosioni di ormoni, e l’inusuale lettura di vecchie preghiere/poesie della bon’anima di Giovanni Paolo II, manda in visibilio la folla.
Il concerto si è poi dissolto in un enorme jam session tirata avanti dai Bokassà e seguita a ruota da tutto il pubblico, con una passione ed un carisma che solo un vecchio dittatore centrafricano può possedere.

Se avete voglia di scaricare il loro disco, quello di Garage Boy e tanti altri, basta andare su www.lepers.it o chiedere a Google della Lepers produtcions. Ma se davvero volete immergervi completamente in un’oasi africana per poi essere catapultati in mezzo ad un branco di elefanti in corsa, allora dovete assolutamente acquistare il loro vinile (come ha fatto il sottoscritto): un 33 giri che vi farà esplodere casa...altro che Jumanji.
E poi fatemi sapere se dal giorno dopo non vi è venuta voglia di andare a lavoro saltando di liana in liana.

 Kamchatka

video di Manu Prat
foto di Bartologiovanbrega Benedetto Monsignor della Bracella Belmondò

domenica 15 maggio 2011

Corde oblique - A hail of bitter almonds


Etichetta: Prikosnovenie, Progressivamente, Suono rec. 
Genere: ethereal folk

Corde oblique è la creatura musicale di Riccardo Prencipe, chitarrista-compositore partenopeo, che anche in questo suo sesto disco, si fa accompagnare da un’estesa e viva lista di ottimi musicisti: Luigi Rubini al piano, Alfredo Notarloberti al violino, Donatello Pisanello degli Officina Zoè (solo per citarne alcuni), e tutta una serie di stupende ed eteree voci femminili.
Odi all’arte, ricerca spasmodica di armonia e purezza, romanticismi a buon mercato, dialogo tra uomo e natura, sono gli elementi del folk diafano e incorporeo di Riccardo Prencipe, che anche questa volta sfoggia le sue capacità tecniche ed il suo gusto musicale, capace di trasportarci in paesaggi lontani ma così facilmente riconoscibili.
Gli unici difetti che "forzatamente" si potrebbero trovare sono una sorta di pesantezza strutturale dell’album, che racchiude ben (o nientepopodimeno che) 15 tracce, e la cover di Jigsaw falling into place dei Radiohead, forse non il miglior pezzo della band di Yorke e soci e di certo non la migliore cover che abbia mai ascoltato.
Nonostante qualche lungaggine di troppo però non si può certo dire che i più di cinquanta minuti di musica racchiusi in quest'album non soddisfino l'intento di sacralità evocativa al quale è stato improntato. 

Clov

sabato 14 maggio 2011

Devotion – Venus

Etichetta: Bagana records
Genere: alternative metal

Un po’ di sana violenza, che non fa mai male, per iniziare al meglio il mese di Maggio: e allora giù di schitarrate, ruggiti e pestaggi, raggruppati con una compostezza quasi maniacale in questo secondo disco dei Devotion.
Aggressività ed enormi muri di distorsioni. E accanto a tutto ciò c’è la melodia che a volte tira in direzione opposta, verso un pop più giovanilistico, orecchiabile, e a volte è costruita su urla lancinanti sublimate nell'apocalittico, alternanze tra quiete e turbamento (Red carpet, When you tell me a lie, Karma).
L’avvicendarsi dei brani è rapidissimo, febbrile, feroce, anche se a tratti non si riesce a capire dove un pezzo finisca e dove ne cominci un altro, data la somiglianza sfacciata: Pink socks e Golden axe ad esempio, le potremmo malignamente considerare la stessa traccia. Infine da ascoltare la bellissima Venus che chiude e dà il nome al disco: un’illusione noise di mogweiana memoria.
Ma nonostante l’ottimo assemblaggio di tre o quattro elementi in svariate combinazioni che suonano come una serie di intuizioni folgoranti, guai ad inventare qualcosa che altri trecento gruppi non abbiano già fatto e rifatto.

Clov

domenica 8 maggio 2011

Mr Milk – Mr Milk


Etichetta: Casa Molloy
Genere: songwriting, folk, alternative country

Entra in punta di piedi, suona in punta di chitarra, senza plettro per far meno rumore. E la voce è come un sussurro, o poco più. Mr Milk non vuole disturbare, non intende imporre la sua presenza. Sta a te scegliere di prestargli ascolto. Nel caso, difficilmente te ne pentirai. Più probabile lasciarsi catturare dal calore malinconico che esce dai solchi di questo disco, per poi farsi cullare da arpeggi carezzevoli e melodie così genuinamente delicate che a tratti non ci si crede.
Il fantasma di Nick Drake aleggia per tutti i 12 episodi di questo esordio, con figliolanza varia a far compagnia: l’Iron & Wine del pop sussurrato di Calls and letters, ma anche il Damian Rice in sordina di Drawing a kiss fino ai Great Lake Swimmers nel folk sussurrato di Little March for a Whore. Eppure, al di là di riferimenti evidenti e non celati, Mr Milk convince in forza di una sincerità e un pathos difficilmente mistificabili.
Entra pure Mr Milk, non disturbi affatto…

giovedì 5 maggio 2011

maRino Gaetano – maRino Gaetano


Etichetta: Noiseville
Genere: cantautorato

Un disco ispirato, dovuto, dedicato a Rino Gaetano, che riprende musica e parole del cantautore crotonese, le sue canzoni più graffianti ed appassionate, stravolgendole e donandole nuova linfa, se vogliamo anche aggiornandole a quelli che sono i nostri giorni, a trent’anni di distanza dalla sua scomparsa.
In questo disco i maRino Gaetano propongono filastrocche dall’attuale ironia, songwriting di denuncia, testi ironici e toccanti, sarcasmo tagliente e a tratti volgare, che a noi piace tantissimo (Alessia Fabiani, Mi sveglio con un vaffanculo, Il vibratore).
Dolci tappeti sonori, dispensatori di intense suggestioni (La terra) si alternano a melodie orecchiabili e carezze acustiche (Il cane lui no) per poi volgere lo sguardo al più semplice e pulsante rock’n’roll (Carnitina benzina).
Mi pare in sostanza un buon lavoro, una sorta di b-side, come se avessero trovato un vecchio quaderno di appunti di Rino Gaetano e l’avessero ritoccato, proponendoci queste nuove versioni dei suoi migliori pezzi, sedici per la precisione, tutte chitarra e voce di Marino Ramingo Giusti, arricchite da echi di piano e pochi altri strumenti, come l’importante chitarra di Fabrizio Bonanno ed i cori di Paola Moreno.
Un bel disco, almeno in quel piccolo grande universo poetico che è la canzone d'autore.

Clov