L’altro pomeriggio mi è arrivata, puntuale come un orologio cinese, la mail della Farm, un bel posto a Bologna dove circolano gruppi davvero interessanti, si può ascoltare dell’ottima musica dal vivo, bere qualche birra, far ubriacare il cane di Benni e stendersi sui divani.
Jack |
Comincio a leggere la mail ed ecco sbucare i nomi delle band del prossimo concerto. Il primo che viene fuori è Garage Boy (se avete scaricato l’ultimo numero di Jesusmile insieme alla compilation, allora sapete di cosa sto parlando)…ottimo inizio di serata, chissà chi suonerà dopo.
Ma quando continuo a far scorrere la pagina e leggo il secondo nome, del mistero comincia ad aleggiare per via Fondazza: Bokassà, una band afropunk.
Dato che non li conoscevo, chiedo a Google se ne sa qualcosa (Google sa sempre tutto) ed infatti mi risponde: “Bokassa: dittatore della Repubblica Centrafricana e poi imperatore dell'Impero Centrafricano col nome di Bokassa I. Fu destituito il 20 settembre 1979”. Grazie Sig. Google.
Trovo poche informazioni su questi ragazzi, mi incuriosisco ancora di più e decido di andare al concerto (dopo essermi sbronzato - per sbaglio - ed essermi perso un paio di volte – volontariamente -).
Garage boy |
Garage Boy (ex Bread Pitt) è proprio come me lo aspettavo: ardite melodie che spaziano dal punk all’hip-pop, dal dub alla tecno, dal funk al pop anni Ottanta. Dopo dieci minuti di headbanging nonsense, comincio ad avvertire allucinazioni sonore e credo di ascoltare la voce di Carla Bruni che mi dice di bruciare la casa di un certo Igor (stupida Carla Bruni, si pronuncia Aigor). Esco a bere una birra.
Subito dopo arrivano loro, i Bokassà, bianchissimi e lattescenti in vero stile afro, salgono sul palco (che alla Farm non c’è) ed iniziano a suonare. Da subito si capisce che i ragazzi fanno sul serio.
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Bokassà |
Chitarre violente e scarne, basso che spara note intrise di vigore e melodia, una batteria che fa sprofondare la stessa melodia in rabbia ancor più rude, un groove vigoroso che si porta avanti per tutto il concerto e testi che non ci sono ma che comunque, se ci fossero stati, avrebbero meritato di essere censurati.
Stati Uniti d’Africa e Parbleu! sono delle vere e proprie esplosioni di ormoni, e l’inusuale lettura di vecchie preghiere/poesie della bon’anima di Giovanni Paolo II, manda in visibilio la folla.
Il concerto si è poi dissolto in un enorme jam session tirata avanti dai Bokassà e seguita a ruota da tutto il pubblico, con una passione ed un carisma che solo un vecchio dittatore centrafricano può possedere.
E poi fatemi sapere se dal giorno dopo non vi è venuta voglia di andare a lavoro saltando di liana in liana.
Kamchatka
video di Manu Prat
foto di Bartologiovanbrega Benedetto Monsignor della Bracella Belmondò
foto di Bartologiovanbrega Benedetto Monsignor della Bracella Belmondò
e i vegan?
RispondiEliminaerano gli akop, e hanno fato schifo
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