Genere: stoner rock, psichedelica
L'incipit del disco fa subito capire cosa ci aspetta: un riff di chitarra lento e ipnotico, un bordone di basso dal suono indefinito e una voce che crea fin da subito una certa tensione, rude e arrabbiata, a tratti disperata, tipicamente stoner, ma via via affievolita per passare da un disco brutale ad uno più ipnotico.
Così si presentano gli Ananda, al loro secondo lavoro realizzato nei Seahorse studios di Paolo Messere, un equilibrio incredibile tra citazioni varie, influenze e originalità, con riff semplici ma di un'efficacia stupefacente, sogni zeppi di note musicali.
Soldat perdu è un gioco infernale di alternanza tra brevi strofe quasi solo cantate e parti di violenza strumentale capaci di creare tensione al punto giusto fino a terminare per sfinimento.
Major E è una ballad in cui si respira maggiormente la vena più malinconica della band, un improbabile incontro tra Syd Barrett, David Bowie e Mark Lanegan in un immaginario mondo dei trip.
Poi ci si culla sulla lucente slide di Youth, intensa e avvolgente, con un violoncello molto presente per quasi metà del disco, che è quanto di più pacato e inquietante si possa immaginare.
Un'atmosfera distesa, equilibrata, quasi da pace dei sensi si diffonde man mano che l’ascolto va avanti, fino a giungere a poco più della metà del disco, dove arrivano le due zampate decisive sotto forma di How to forget an ocean e Somethin’beats me, probabilmente il disegno più compiuto e articolato dell'intero lavoro.
Indian spring si avvicina all’anima sofferente delle canzoni di Cobain, quelle che più ricordano struggenti confessioni di un incurabile disagio esistenziale, con un crescendo che rende il suono sempre più saturo e sporco.
Il mondo a noi conosciuto finisce qui, con tutto il suo universo di suoni.
Clov
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