Etichetta: autoprodotto
Genere: new wave, rock, alternative
Un disco che prende le mosse da oscurità wave, sferzate chitarristiche, ritmiche post punk e galleggia in bilico tra presente e passato, più o meno recente, come fossero figli inattesi di Interpol e Teatro degli orrori.
Si parte con l’assalto massiccio e nichilista di Più niente, che mette in campo nel modo più efficace le qualità della band romana. Da qui alla fine non si raggiungono più tali vertici di urgente emotività. E sì che se così non fosse, si parlerebbe di esordio folgorante, in barba alla evidenza dei modelli di riferimento.
Rimane senz’altro un buon disco, sia chiaro. Si elevano le chitarre sorprendentemente shoegaze di Hollywood e l’orecchiabilità elegante di Disco inverno, si sente altrove la carenza di soluzioni minimamente eterogenee.
È impossibile non soffermarsi sulla vocalità smaccatamente alla Capovilla, più croce che delizia di un disco che forse avrebbe richiesto altro, al fine di evidenziare una personalità che stavolta rimane un po’ celata sottotraccia.
Strepitoso l’artwork, a guisa di necessaire da barbiere.
Carlo aCe Venturini
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