martedì 28 maggio 2019

Sicko - Sicko

Etichetta: autoprodotto
Genere: alternativo, grunge, rock

Quando ho ricevuto questo disco ho subito pensato ad un grande ritorno dei Sicko, punk band di Seattle attiva negli anni ’90. Ho messo su il cd a gran volume e mi sono stupito del sound così moderno nonostante i richiami e gli evidenti legami con band seminali per il grunge e lo stoner come Meat Puppets, Kyuss e tutto ciò che di buono è venuto fuori dalla famosa cittadina nello stato di Washington. Però c’era qualcosa di sospetto, possibile che i Sicko abbiano abbandonato quel punk old school che li ha resi così (brevemente) famosi una ventina di anni fa? Possibile abbiano abbandonato quelle sonorità grezze, i pochi accordi potenti e distorti, i ritmi martellanti e ripetitivi?
Una ricerca veloce e svelato l’arcano. 
Questi Sicko provengono da un posto dove piove sempre a più di 9000km dalla cittadina americana. E questo loro primo lavoro è stravolgente quanto un ritorno inaspettato dei Sicko, quegli altri.
Chitarre distorte, rabbiose, ruvidamente valvolari, sono accompagnate da ritmiche potenti e martellanti, bassi profondi, voci graffianti e riff cattivi come da copione. Un disco sempre tiratissimo e carico di energia, con efficaci linee melodiche, citazioni e referenzialità.
Assolutamente da ascoltare se vi manca, tra gli altri, Chris Cornell.


Facebook

martedì 14 maggio 2019

Surikate - Don't listen and drive!

Etichetta: autoprodotto
Genere: stoner, grunge, punk-rock

I suricati sono delle piccole manguste grandi al massimo 30cm (coda esclusa) tipiche dell’Africa meridionale. Siccome la mia conoscenza di questo simpatico animaletto si limita a questo e non conoscendo la statura del trio veneto, suppongo che la scelta del nome non sia un riferimento alla lunghezza verticale di questi mammiferi. Così inizio la mia ricerca consultando Wikipedia e la pila di National Geographic ammuffiti che i miei vicini hanno lasciato su una graziosa libreria sul pianerottolo del mio palazzo, mentre Don’t listen and drive! esplode dalle casse e martella sui muri (per la gioia dei suddetti vicini). Scopro che i suricati sono animali che vivono in gruppi molto spesso guidati dalle femmine della specie (fanculo Pillon), queste coordinano i lavori per scavare tane e cunicoli, procacciare cibo, gestire i turni di “babysitting”, un compito durissimo che le porta a non mangiare anche per 24 ore e, in caso di pericolo, sacrificare la propria vita per salvare i cuccioli.
Un animale cazzutissimo e iperattivo capace anche di ingaggiare lotte sanguinose contro altri animali o “gang rivali”. Hardcore puro.
Nomen omen direi, ascoltando questo disco.
Ogni brano dei Surikate ha qualche trovata che lo rende intrigante (come la vita degli animaletti) pur mantenendo una forma facilmente riconoscibile e riconducibile ad un genere stabilito, scavando cunicoli nell’underground noise ma tornando su una familiare e “tranquillizzante” scossa stoner. Una miscela di colpi, spinte e strattonamenti, che danno forma a quanto spesso si vorrebbe definire morto, schiacciato dall’indie mainstream ed i suoi fottuti artisti tutti uguali.
L’album scorre e non mi sorprendo quasi più della forza e della creatività sprigionata da questo trio, resto in attesa dell’ennesimo brano pugnoinfaccia che puntualmente arriva. E mi piace questa manciata di energia lanciata sull’ascoltatore.
Suonare al massimo volume, suggerivano un tempo alcuni album di musica rock. Fareste bene a fare lo stesso oggi.