lunedì 26 dicembre 2011

buenRetiro – In penombra

Etichetta: DeAmbula records
Genere: post-rock

Quartetto post-rock italiano, originario di Pescara, che rimanda in maniera esplicita ai cardini di quel post-rock che ha avuto in Godspeed You!, Mogwai e Black Emperor, i suoi insuperati maestri, rielaborando la lezione dei capostipiti di questo tipo di musica col giusto spirito per rendere fresche, vibranti e sufficientemente personali, composizioni tutte incentrate sugli aspetti emotivi.
Felice la linea purissima delle melodie, avvolgenti le armonie vocali, intriganti e non banali timbri, orchestrazione e arrangiamento esemplari (Canto primo, Negli angoli).
In penombra è suonato discretamente e arrangiato con gusto, attraversato da impalcature poco convenzionali. Canzoni minimali e dirette, come ad esempio gli impeccabili pezzi solo strumentali di Xenon, Finis terrae e O cebreiro messi in una perfetta sequenza, che si scontrano con le limitazioni di un post-rock in lingua italiana (Quale luce, In cerchio).
Gaia  evoca spettri coi suoi suoni ciondolanti e le armonie vocali ardite, fino ad infrangersi nel consueto marasma chitarristico di Penombra.
Oltre alle ritmiche inappuntabili e ai crescendo elettrici, quasi sempre graduali e controllati, per il resto sono le atmosfere ovattate, oscure e romantiche a farla da padrone (Maree, Montagne), ed in questo ritroviamo il fedele tocco dell’onnipresente Amaury Cambuzat.
Possiamo dire che questa prova è stata ampiamente superata, anche perché dimostra una crescente maturazione del percorso che i buenRetiro hanno intrapreso anni fa, prima con i due lavori autoprodotti (Ruggine perfetta del 2001 e Demodé del 2004) ed il successivo Escargot del 2007, uscito sempre per l’impeccabile DeAmbula Records.

domenica 25 dicembre 2011

Jesusmile N_10 - Jesury non deve morire

Come tutti sapete, sono ormai due anni che Jesusmile ci/vi accompagna con le sue parabole ma, come tutti saprete (?), due anni di noi esseri mortali non sono gli stessi per Gesù.
Ebbene si, cari amici, come abbiamo appreso di recente grazie al nostro amico Roberto Giacobbo, due anni umani corrispondono a ben 33 anni di un Gesù molossoide di taglia media.
Abbiamo incontrato Gesù in persona per voi e, carezzandogli la mano, gli abbiamo dato la cattiva notizia.
E lentamente, come se gli fosse penoso staccarsi dal più profondo dell’impossibile, la stupefazione si è disegnata sul suo volto.
          …MORIRAI!
Il popolo ha scelto Barabba, ha scelto i trenta denari, ha scelto Uomini & Donne, il Grande fratello, il non-cibo del McDonald’s, il vino in cartone, ammette l’intolleranza verso gli stranieri, tollera le morti sul lavoro, le prostitute minorenni, la fuga dei cervelli, le teste di cazzo che restano. Il popolo vuole la violenza negli stadi, i preti pedofili, le volgarità omofobe, le stragi di stato senza soluzione, l’avvelenamento dell’aria, l’oroscopo felice per il nuovo anno.
Lo abbiamo lasciato così, assorto in qualche sua onirica visione sulla sua vita di tutti i giorni e il maestoso flusso circolare dell’eterno ritorno.
      ADDIO JESUSMILE

Jesusmile N_10 – Jesury non deve morire in freedownload qui: www.mediafire.com/?0wnvscldu7tf0hm


sabato 17 dicembre 2011

Rashomon – Andrà tutto bene

Etichetta: Lo scafandro
Genere: punk garage, indie

Arrabbiati come impone la loro carta d’identità, ma anche ironici e scanzonati dove serve, si presentano sull’immaginaria scena indipendente italiana con un disco, il loro primo disco, ben suonato e curato, promettendo davvero bene.
L’album di esordio, al primo ascolto, verrebbe da definirlo come il prodotto dell’ennesima giovane indieband stufa delle sonorità dancefloor tanto in voga in questo momento, e votata al chitarrismo estremo. Ma l’impianto sonoro non è mai banale e l’orecchio viene subito catturato dalla potenza ritmica dei brani. Questo non vuol dire che l’aspetto melodico sia trascurato, anzi, viene esaltato dalle linee vocali e dalla scelta di usare un bellissimo e carnale piano in Black Jesus a metà disco, e sull’intima Vite splendide. Per poi tornare al solito album tirato al massimo, che odora di polvere da sparo e facce sporche, con i pezzi affinati e incastrati alla perfezione, fino al bellissimo blues di Denti storti, un improbabile scontro tra Tom Waits e Captain Beefheart.
I Rashomon (nome preso in prestito da Akira Kurosawa) sono riusciti a impastare, tranne in alcuni sporadici casi, una miscela fresca e divertente di punk e garage rock’n’roll, infilando azzeccati riff risoluti e sfoggiando un’interessante varietà ritmica.

martedì 13 dicembre 2011

Rent – La muerte


Etichetta: SaFe records
Genere: synth-pop

Ho sempre delle grandi difficoltà a parlare di un album pop.
Se ci si concentra sulle melodie caschiamo, nella stragrande maggioranza dei casi, in spossanti 4/4 ripetuti all’infinito. Se buttiamo un occhio ai testi, quando non è “sole, cuore, ammmore” qualche idea carina e fuori dai soliti cliché la troviamo. E questo è un punto a favore di Rent. Basta ascoltare, ops!, leggere Il sole e la luna o Fuori moda per capire che le idee ci sono, a palate, e Matteo Ferrarese sa bene come esprimerle, anche se poi il tutto si riduce ad un semplice esercizio di stile, piuttosto sterile e monotono.
Però alla fine c’è qualcosa che ti fa pensare che non hai sprecato quasi un’ora ascoltando La muerte, tra soliti giri di accordi, beat elettronici elementari, atmosfere catatoniche e statiche. Che in fin dei conti, per questo genere, il collage di brani è ben fatto, un mosaico colorito e coerente che probabilmente mi spingerà, forse, ad ascoltare un’altra volta, in un’altra occasione, questo disco, magari passare il miglior pezzo di elettropop di Rent durante una festa di indie annoiati, un brano a scelta tra Cambio pelle e Silenzio, dove il richiamo ai Subsonica si fa più intenso.
Che “mentre ti uccide l’anima” (come cantavano gli Afterhours), questo disco delinea la nuova identità di Rent, quella di un’artista che ha ritrovato una discreta personalità e freschezza espressiva lasciandosi alle spalle il proprio passato artistico (breve attività con i Milena l’eretica e in seguito con i Lola Rent), in favore di una divertita dimensione decisamente pop.

giovedì 8 dicembre 2011

Eraldo Bernocchi, Harold Budd, Robin Guthrie – Winter garden


Etichetta: RareNoise records
Genere: ambient

L’attacco di Winter garden, affidato a Don’t go where I can’t find you, lascia senza fiato tanto il brano è perfetto nella sua costruzione. Così inizia, e prosegue, Winter garden, progetto che vede insieme, per la prima volta, il produttore e musicista Eraldo Bernocchi (Sigillum S, Obake) alla parte elettronica, la leggenda vivente Harold Budd, celebre pianista ambient che ha collaborato, tra gli altri, con Brian Eno, e il chitarrista Robin Guthrie, fondatore dei Cocteau Twins.
L’incontro tra le tre parti, la chitarra, l’elettronica ed il piano di questi tre perfetti esecutori, è particolare, senza vie di mezzo, si fa ora intima in Losing my breath, ora enfatica nella title track, seguita dall’ariosa Entangled e Harmony and the play of light, mostrando la disarmante bellezza intrinseca nella natura così come nell’uomo, e dando come struttura, anche ai brani più “scontati”, una rara eleganza.
Il vertice musicale dell’album è White ceramic, che incorpora dolci inizi e progressivi deragliamenti estatici, notevoli lampi sonori creati attraverso macchine algebriche e precisissime ma guidate dal cuore e dall’ispirazione di eccellenti musicisti, per della musica involontaria, inevitabile e spesso sublime.
Un disco con i piedi ben saldati nella modernità, eppure così vintage e allo stesso tempo capace di delineare nuovi orizzonti.


venerdì 25 novembre 2011

Astolfo sulla luna – Moti Browniani


Etichetta: autoprodotto
Genere: alternative rock, post rock

Già dal nome della band si intuisce il loro spirito sognatore e visionario e dal titolo dell’ep si comprende, e si ama, il loro approccio caotico e sconvolto alle melodie (come recita la buona vecchia Wikipedia: con il termine moto browniano si fa riferimento al moto disordinato delle particelle presenti in fluidi o sospensioni fluide).
Queste cinque tracce sono ossessioni di una psiche sconvolta, provocazioni letterarie (Camus, Orwell o Shakespeare solo per citarne alcuni), canzoni dal fascino ipnotico che il basso regge con una manciata di note. Verfremdungseffekt è precisa, aggressiva e incalzante, dove al crescere del caos tribale accorre la voce che lancia urli liberatori. Le successive 2 minuti d’odio e Nient’altro che un buco vuoto nel quale si agitano le ombre delle mie passioni, sono costituite semplicemente da una chitarra elettrica energica e graffiante, il basso corposo e trascinante, la batteria che sa essere brillante e potente quando serve e la voce tirata al limite delle possibilità, con un attitudine da rocker consumata.
E si continua con un suono attuale ma fatto di roba vecchia, come chitarre fuzz e amplificatori valvolari, di quelli belli grossi, un suono sporco, aggressivo e distorto, voce calda (Fino all’ultimo battito). Le fiondate sghembe della chitarra di Dick Laurent è morto sono il degno complemento di questa sezione ritmica.
Immediatezza, freschezza e invenzione sonora, queste sono le qualità che trasudano dai solchi di Moti Browniani.
Se queste sono le premesse, non ci resta che aspettare un album più consistente.

il disco è inoltre in freedownload su: www.astolfosullalunaofficial.wordpress.com

domenica 20 novembre 2011

Dasauge – You’re dead and it’s all your fault


Etichetta: I make records
Genere: alternative rock, post rock

L’inizio di questo debut album dei Dasauge (il nome è un omaggio a Paul Klee) è una scarica di adrenalina, ritmi incalzanti, riff semplici ma di un'efficacia stupefacente. Basta ascoltare le iniziali Carapace, Hiroshima e Legs per farsi subito una bella idea.
E quando si inizia a pensare che il disco sia solo questo, cambio di ritmo, di melodia, batteria martellante, riff ossessivi e assoli di chitarra distorta, ecco che la band partenopea sterza improvvisamente conducendoci verso quei terreni post-rock tanto amati da gruppi come Mogwai o Tortoise, alternanze tra quiete e turbamento (The first time I’m dead, Building an empire).
On a frozen lake alterna momenti rilassanti a escursioni più rumorose, subito prima delle dilatazioni strumentali di Life on earth is overstimated ed il bellissimo finale di I’m sorry but I’m not sorry, in cui batteria e chitarra distorta si incontrano in un assolo onirico.
Le carte vengono fin qui sono giocate con gran maestria. È fisiologico, adesso, un attimo di smarrimento, ed è provvidenziale The day Brea Lynn met Tory Lane (si, si, proprio loro), un pezzo che si insinua pian piano nelle orecchie e sale su fino al cervello, un’oasi di serenità e allo stesso tempo di smarrimento.
Con Rorschach (si, si, proprio lui) torna il marasma sonoro, di quelli pesi, che ti lasciano in testa, dopo l’ascolto, ancora un eco di quel muro violento di suono, seguito dall'arpeggio ipnotico iniziale di Sink or swim, portato per mano dalla batteria, ed il crescendo melodico di Never been here, dai toni malinconici e sognanti. La finale Disasters and wonders (con tanto di ghost track al seguito) è un tappeto di sensazioni dipinte con la musica nel suo lento coagulare sanguigna materia chitarristica.
Ottimo compromesso compositivo tra schiettezza musicale e sperimentazioni.