Etichetta: autoprodotto
Genere: stoner, grunge
Dopo un Ep di sei brani licenziato nel 2009, questo è il primo full-length del trio di Bergamo.
Il disco si apre con Insane in cui la sezione ritmica disegna un’ottima dinamica lento-veloce. La stessa dinamica che contraddistingue Retrokiller dove l'iniziale incedere alla Talking heads (che sia un riferimento al più noto Psycho killer?!) evolve in una stordente cavalcata blues.
Freddocane è composto dal cantato di Beppe Fratus che urla come un ossesso, assecondato alla perfezione dal ruggito della chitarra di Ivano Colombi e la precisione della batteria di Stefano Guidi.
In Freddocane ad esempio, quinta traccia di questo disco, non si canta, si urla fin quasi allo svenimento, e Stefano Guidi pesta la batteria come a volerla distruggere più che portare il tempo; accanto a tutto ciò, litanie imbevute di tensione (Neve, Nebbia).
Un gruppo però privo di idee illuminanti ma fortemente determinato e sincero. Per capirlo basta ascoltare, oltre a brani imperfetti come Col senno di poi e Se non lo sai, anche i discreti rifacimenti di Such a shame, storico brano anni ‘80 dei Talk Talk, e la leggendaria Walk on the wild side.
Foga e urgenza espressiva, carica selvaggia incanalata in un sound “rifinito” ma non per questo meno urticante e sovversivo (Stanco).
Sicuramente il limite principale della band risiede nella voce, in quel timbro troppo imitazione di un fuori luogo Eddie Vedder (non a caso Beppe suona anche in una tribute band dei Pearl Jam). Voce, quindi, che per quanto potente, non è emozionante e con un approccio più consono a gruppi mainstream, più da pop infetto che da vecchio stoner. Nulla di incoerente o brutto in assoluto, ma l'impressione è quella di un lavoro approntato senza grandi impulsi.
Genere: stoner, grunge
Dopo un Ep di sei brani licenziato nel 2009, questo è il primo full-length del trio di Bergamo.
Il disco si apre con Insane in cui la sezione ritmica disegna un’ottima dinamica lento-veloce. La stessa dinamica che contraddistingue Retrokiller dove l'iniziale incedere alla Talking heads (che sia un riferimento al più noto Psycho killer?!) evolve in una stordente cavalcata blues.
Freddocane è composto dal cantato di Beppe Fratus che urla come un ossesso, assecondato alla perfezione dal ruggito della chitarra di Ivano Colombi e la precisione della batteria di Stefano Guidi.
In Freddocane ad esempio, quinta traccia di questo disco, non si canta, si urla fin quasi allo svenimento, e Stefano Guidi pesta la batteria come a volerla distruggere più che portare il tempo; accanto a tutto ciò, litanie imbevute di tensione (Neve, Nebbia).
Un gruppo però privo di idee illuminanti ma fortemente determinato e sincero. Per capirlo basta ascoltare, oltre a brani imperfetti come Col senno di poi e Se non lo sai, anche i discreti rifacimenti di Such a shame, storico brano anni ‘80 dei Talk Talk, e la leggendaria Walk on the wild side.
Foga e urgenza espressiva, carica selvaggia incanalata in un sound “rifinito” ma non per questo meno urticante e sovversivo (Stanco).
Sicuramente il limite principale della band risiede nella voce, in quel timbro troppo imitazione di un fuori luogo Eddie Vedder (non a caso Beppe suona anche in una tribute band dei Pearl Jam). Voce, quindi, che per quanto potente, non è emozionante e con un approccio più consono a gruppi mainstream, più da pop infetto che da vecchio stoner. Nulla di incoerente o brutto in assoluto, ma l'impressione è quella di un lavoro approntato senza grandi impulsi.
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