domenica 23 ottobre 2011

Radiofiera – Atinpùri


Etichetta: Psicolabel
Genere: alternative rock

Un incrocio di stili metropolitani e tradizionali che suscita interesse nella scena combat-rock italiana fin dal 1992, anno del loro esordio, rivitalizzando un genere quasi spento, con una ruvida vena poetica.
Delicate filature pop e melodie ariose tutte espresse in dialetto veneto (Bianco su bianco), canzoni esili ed essenziali (Me ciamo fora), ma anche brani duri e spigolosi come Natisemonatitutti, mediati da ballate più melodiche (Foie da vento) o canzoni che si snodano su cadenze più serrate (Bastardi in riga).
La mano del produttore Giorgio Canali si sente molto in questo disco, è pesante, facilmente riconoscibile il suo piglio energico e incazzato, melodia vocale lasciata in disparte e precisa base musicale in Luna o nelle percussioni ossessive di Bambola (unico pezzo cantato in italiano).
Peccato però che il disco non cambi mai passo, che dietro tanta soavità e delicatezza alternata a chitarre nevrotiche e testi infarciti di politica e autoanalisi, s’avverta un sentore di stanchezza.
Soltanto la solipsistica nenia folk di L’amor che te ga e le quasi rabbiose invettive di  El miracoeo (benvenuti nel nordest) aggiungono qualcosa di sostanzioso a questo sesto album di inediti della band veneta.
Parsimoniosi.

Clov

mercoledì 19 ottobre 2011

Dilis – Nulla da capire


Etichetta: Red birds records, Seahorse Recordings
Genere: sweet-pop, rock autorale

Dilis sputa in questo primo disco solista una decina di canzoni di semplice melodia, tanta melodia, qualche bel riff di chitarra buttato a volte a caso, qualche pera in vena e ritornelli catchy al primo ascolto. Il tutto trascorre molto lentamente, a parte qualche sporadica bella creazione a dimostrazione che Pietro Di Lietro ha un innato talento melodico, ma non riesce a fare più del dovuto.
Ti mostrerò è carina, sufficientemente elegante, potrebbe essere un sottofondo piacevole, mentre la successiva Pensieri d’autunno è una nenia sudata, così come Il vestito migliore, glorificata da un assolino e una bella base di synth che sul finale stuzzica.
Dimmi se ti basta è una ballatona che sarà pure “alla vecchia maniera”, ma regala qualche bel momento emotivo grazie anche al sapiente inserimento del “bel canto” del flauto traverso di Ilaria Scarico.
Su Fatti d’istanti Dilis si affloscia un poco, ne esce fuori un poppettino cantilenate e privo di guizzi. E d’un tratto mi rendo conto che l’album la sta tirando troppo per le lunghe. 
Che faccio? Vado avanti? Aspetto un attimo.  
La noia inizia in maniera interessante, con le dita che si muovono lente sulla chitarra, batteria viscerale, emotiva, gli arpeggi che salgono e sullo sfondo la voce del cantautore campano che si modula sapientemente in modo classico. Un’altra bella ballata, insomma. Tutto si altera e l’impatto strumentale di Kaos Kafè son cose già sentite, ma almeno permette di smuovere e di ammirare la chitarra di Pietro Di Lietro lanciata verso territori quasi insoliti, isterici, abrasivi, funambolici, fino ad arrivare a Diventiamo cattivi, un gran bel finale, forse il pezzo migliore di tutto il disco.
Bella produzione, ma forse non se ne avvertiva il bisogno.

Clov

domenica 16 ottobre 2011

Le pistole alla tempia – Le pistole alla tempia


Etichetta: Lactobacillus records
Genere: alternative rock

La rabbia c’è e si sente nella cinica amarezza dei testi di Fabio Dalai che vertono a tratti verso un totale disincanto, altre volte sono elegiaci e teneri nel muro di suono creato dalla band, il folle impeto noise, il furore rock miscelato alla melodia pop.
Il richiamo ai Teatro degli orrori e al suo “luciferino” front-man Capovilla è forte, mix di rabbia e armonia, distacco e protesta, che troviamo soprattutto nell’iniziale Così fan tutti o nelle successive L’infedele e Democratica. Il suono è tosto, compatto e la voce si intromette perfettamente nel dialogo tra una batteria a tratti devastante, le due chitarre e il basso, attraverso immagini evocative frutto di una sinergia tra parole, cadenza e tono di voce.
Non esisti invece è meno furia e più risentimento, Lascia stare le parole è fatta da suoni pesanti ma ben calibrati, calando un po’ nel finale del disco con brani piuttosto anonimi come L’ultima pietà o Vicino.
In sostanza Le pistole alla tempia dimostrano di sapere scrivere canzoni che non hanno nulla da invidiare ad i loro più noti colleghi. Quando riusciranno a trovare una loro cifra davvero personale e originale, allora saranno sicuramente capaci di sfornare un capolavoro. Per ora godiamoci questo disco capace di conciliare tensione, melodie azzeccate e improbabili stacchetti strumentali da ascoltare tutto d’un fiato.

Clov

giovedì 13 ottobre 2011

Atari - Can eating hot stars make me sick?


Etichetta: Suonivisioni
Genere: indietronica

Su un insistito tappeto percussivo che sorge dal nulla, un ritmo tribale prende il sopravvento in una sorta di brit pop elettronico avvolgente e soffocante, una spirale che non ammette comode vie d'uscita.
Can eating hot stars make me sick? è la seconda creazione degli Atari dopo Sexy games for happy families (Freak house records, 2008), da una parte sempre alla costante ricerca della melodia e dall’altra la creazione di ritmiche irregolari e ossessionanti: analogico e iperdigitale si incrociano costantemente nelle tracce del duo partenopeo.
Delicati arpeggi, perfette armonie, microbeat minimali, ritmiche veementi e riverberi che, certo, molto devono al “tocco francesce” degli Air. Sapienza elettronica alla quale si sovrappongono acquarelli di note effettate e ritmiche relativamente semplici, tutto sospeso in quel limbo che include sperimentazione e tradizione, cadenze rapide e ansiose e suoni quasi atmosferici, carezzevoli, mai noiosi e stantii.
Accessibile atmosfera danzereccia, dunque, che si muove sotto l’egidia di un minimalismo indietronico sempre più stile del momento.
Scelta un po' ruffiana? Staremo a vedere. Intanto godiamoci questi Atari, sperando di (ri)vederli presto in qualche festival elettronico che si rispetti.

Clov

lunedì 3 ottobre 2011

Zio Vania – Flow


Etichetta: Stohnal studio
Genere: funk-rock

La musica della band unisce l'anima del rock e la malleabilità del funk con sprazzi di reggae/dub. Il risultato è una miscela esplosiva di suoni e ritmo, un non-genere da loro stessi definito “Melting-rock”.
Flow è il primo LP della band toscana, venuto dopo una demo (Zio Vania, 2008) ed un EP (Gripe puerca, 2011), composto da dieci brani travolgenti al limite del blues, una ripresa di quel funk che ha incendiato gli anni ‘70, arrivando fino al rock e le sue ramificazioni moderne.
Ascoltare Voiceless child significa calarsi psicologicamente dentro un collage di immagini del nostro tempo, scoprirne le contraddizioni e restare impotenti. Si continua poi a ripetere dentro di sé un equilibrio perfetto tra carezzevoli ballate (Girl you make me feel almighty), sussulti vocali e note di chitarra lasciate andare alla deriva (Raindance).
Flow e Funky 4 regalano al basso una zona di luce, una sezione ritmica di delirante creatività, in cui il funk si fa tessuto connettivo tra voce e sax, mentre l'impeto percussivo rende il tutto più omogeneo con l’orgia di chitarre, e nell'incedere primaverile di Pink cloud troviamo una vibrante sezione fiati.
Rallentamenti melodici e accelerazioni improvvise di Crawled up a hill o la finale Cave, si mescolano alla perfezioni con Sweet e Cellar, una mistura di danze reggaeggianti e sbornie di vodka.
Un disco, insomma, che incanta per quella sua abilità nell'assorbire differenti e contrastanti generi musicali in un solo, emozionante disegno.

Clov