Genere: pop contaminato
Sono stati una delle new wave band
italiane più interessanti negli anni ‘80 (dicono), poi sono caduti nel
dimenticatoio proprio come il personaggio a cui si ispira il loro nome, Luc Orient appunto, fumetto appartenente
alla scuola franco-belga apparso in Italia tra il 1967 e il 1975. Ricompaiono
nel 2003 con un cofanetto di demo, remix e inediti (The white box), nel 2009
con un Ep (Killer Joe/Onion Gum) e
oggi con questo La vie à grand vitesse.
A volte capita che una band abbia voglia
di cambiare musica, anche se quello che ha fatto fino a questo momento è stato
tra le cose migliori che la propria scena abbia prodotto (dicono). Ed è
successo anche a Piero Pieri e Rrok Prennushi i due versatili musicisti
burattinai del progetto, inventori di un sound inconfondibile e di uno stile
big-beat che se sfruttato meglio, sarebbe potuto essere definito geniale.
La
vie à grand vitesse
non assomiglia a nulla di quanto già prodotto in passato, ma si potrebbe
inserire in quel filone di black music, elettropop e ritmi in levare che guarda
ancora spudoratamente agli anni Ottanta e che sembra non volersi esaurire. Non
stupitevi di trovarci dentro suoni affaticati, linee melodiche semplici,
flemmatiche e trascinate, stanchezza di suoni pimpanti e divertenti in nome di
una certa maturità artistica. Il tutto è senza dubbio molto ruffiano ma molto
ben orchestrato: ogni dettaglio, dalla sonorità delle parole ai minimi inserti
ritmici è essenziale, e sarebbe riduttivo dire che i Luc Orient abbiano buttato nel frullatore sonorità diverse per
vedere che ne veniva fuori. Dietro al carrozzone sonoro ci sono molto studio e
talento questo è vero, ma a me sembra troppo torpido e tedioso…superato.
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