Genere: alternative rock, post rock
L’inizio di questo debut album dei Dasauge (il nome è un omaggio a Paul Klee) è una scarica di adrenalina, ritmi incalzanti, riff semplici ma di un'efficacia stupefacente. Basta ascoltare le iniziali Carapace, Hiroshima e Legs per farsi subito una bella idea.
E quando si inizia a pensare che il disco sia solo questo, cambio di ritmo, di melodia, batteria martellante, riff ossessivi e assoli di chitarra distorta, ecco che la band partenopea sterza improvvisamente conducendoci verso quei terreni post-rock tanto amati da gruppi come Mogwai o Tortoise, alternanze tra quiete e turbamento (The first time I’m dead, Building an empire).
On a frozen lake alterna momenti rilassanti a escursioni più rumorose, subito prima delle dilatazioni strumentali di Life on earth is overstimated ed il bellissimo finale di I’m sorry but I’m not sorry, in cui batteria e chitarra distorta si incontrano in un assolo onirico.
Le carte vengono fin qui sono giocate con gran maestria. È fisiologico, adesso, un attimo di smarrimento, ed è provvidenziale The day Brea Lynn met Tory Lane (si, si, proprio loro), un pezzo che si insinua pian piano nelle orecchie e sale su fino al cervello, un’oasi di serenità e allo stesso tempo di smarrimento.
Con Rorschach (si, si, proprio lui) torna il marasma sonoro, di quelli pesi, che ti lasciano in testa, dopo l’ascolto, ancora un eco di quel muro violento di suono, seguito dall'arpeggio ipnotico iniziale di Sink or swim, portato per mano dalla batteria, ed il crescendo melodico di Never been here, dai toni malinconici e sognanti. La finale Disasters and wonders (con tanto di ghost track al seguito) è un tappeto di sensazioni dipinte con la musica nel suo lento coagulare sanguigna materia chitarristica.
Ottimo compromesso compositivo tra schiettezza musicale e sperimentazioni.
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