Genere: dream pop
Unalaska segna il
ritorno dell’artista abruzzese Giacomo
Giunchedi (We were there, 2010) e
lo fa presentando un suono pulito, sussurrato, rumori che raramente debordano
per invadere l’ascoltatore e dannatamente compenetrato dal lo-fi.
L’album è composto da otto passaggi
sonori che si sviluppano servendosi della classica forma canzone anche se dilatata
e arricchita di spazi intermedi. La
cigale ci immerge sin da subito, comodamente, nelle organizzate atmosfere pacate
dell'album, ma questa è soltanto la punta dell’iceberg. Subito dopo una Laughable creatures che dipinge un
album intriso di sofferta passione e decadente malinconia, per proseguire poi
con Dragonfly song, maestosa sintesi
di musica d’ambiente e pop vintage.
Somewhere
else,
seriosa, deborda di arrangiamento, Tell
it like it is porta ad un punto di non ritorno: riverberi e palpiti
ritmici, fruscii e allucinati duelli tra chitarra e voce mentre Being here è un’altra apoteosi di
atmosfere calde e carezzevoli. In Australia
la voce vibrante ma impastata di follia porta ad una forma di estasi senza
precedenti, per finire il tutto con Eastern
plastic in cui non si fa più distinzione tra elettronica, percussioni
miste, beat, archi, fiati e
voci.
Dopo ascolti ripetuti, Unalaska suona imponente e importante
pur rimanendo fedele al minimalismo che ha sempre contraddistinto il suo
autore.
Kamtchatka
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