Genere: dreampop, postrock
Io non so cantare. Non so nemmeno
leggere una poesia, interpretare un testo, senza avere una inflessione ridicola.
Succede. Per questo quando suono con qualcuno non canto, non parlo, mi muovo a
malapena, lascio fare agli altri, ormai me ne sono fatto una ragione e vivo
meglio. Ho provato una volta, ma al progetto abbiamo preferito le chiacchiere al baretto.
Peccato, perché la musica composta dal
duo svizzero che si cela dietro il progetto è così: un bellissimo mix di parole
sofferte, flussi sonori impalpabili, colpi di cassa ben piazzati e pause
meditative. Ali Salvioni (voce,
basso, hang, drum programming) e Alan
Bagge (batteria) non hanno spazio per visioni limpide e serene, inghiottiti
in un tunnel di immagini buie e soffuse forgiano un suono che fa pensare ad un
fiume color nero pece, inquietante come il cingolato in copertina.
Purtroppo ad accompagnare la successione
dei brani c’è sempre quella voce che sembra essere messa li per caso. Si tratta
comunque del loro disco d’esordio, c’è tutto il tempo per recuperare.
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