Genere: rock ukulele
Mettere otto musicisti insieme e sette dei
quali con un ukulele in mano è sempre un gran rischio, c’è costantemente il
pericolo della sindrome da chitarra da spiaggia (e non mi riferisco al fatto
che dopo due ore ci si ritrova tutti a limonare tranne chi suona la chitarra, true story).
Ma l’eventualità di subire un danno
connessa a circostanze più o meno prevedibili, il suddetto rischio appunto,
viene assolutamente meno in questo Thousand souls of revolution, dove i Sinfonico
Honolulu apprendono con profitto le migliori lezioni della Ukulele Orchestra of
Great Britain, assimilano una dozzina di pezzi della migliore tradizione rock degli
ultimi 50 anni (andrebbe ascoltato anche il precedente Absolutely Live) e
convertono in sostanza organica brani non più vivi e, purtroppo, non presenti
nel circuito mainstream, tranne che per qualche passaggio in sordina in
sedicenti radio “ruock”.
Ma torniamo a noi, in questo disco troviamo magistralmente
distribuiti, ripuliti e messi in riga personaggi come Johnny Rotten, Robert
Smith, gli Stranglers e Julian Cope, che
non ascoltavo da anni (grazie ragazzi). E poi ancora una magistrale The killing
moon, una spassionata Oh oh I love her so di uno dei miei gruppi preferiti
(stiamo parlando ovviamente dei Ramones), le “muoviculo” Johnny come home e The voice, l’efficace
canzone pop degli Inxs, Mystify. Se si pensava che con la cover di Johnny Cash il famoso
pezzo dei Depeche mode non sarebbe potuto andare oltre, bhè, sti toscanacci provano
ad alzare un pochetto l’asticella e, con successo, saltarci su e oltrepassarla,
mentre è con una divertente e personalissima Lonely boy che viene fuori tutto
il carattere goliardico ma al tempo stesso l’attenzione e la ponderatezza dei
Sinfonico Honolulu per i suoni e gli arrangiamenti. E infine le lacrime (per modo di dire) sul pezzo più
conosciuto e sacro dei Joy Division: Love will tear us apart.
Yeah!!!
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